Energia eolica e solare in crescita: record nel primo semestre 2020
Nella prima metà del 2020 le due energie rinnovabili più importanti, l’energia eolica e quella solare, hanno prodotto il 10 per centro di tutta l’elettricità richiesta al mondo. Un record reso possibile da due fattori concomitanti: da un lato i nuovi impianti per la produzione di energia da fonti alternative ai combustibili fossili, dall’altro la minore richiesta di energia elettrica ( e perciò di carbone per alimentare le centrali) causata dal rallentamento dell’economia dovuto alla pandemia CoViD-19.
Stando al rapporto EMBER sulla produzione mondiale di energia elettrica nei primi sei mesi del 2020, da eolico a solare sono stati forniti 1.129 terawattora, un balzo notevole (+14% ) rispetto ai primi sei mesi del 2019 (992 terawattora). L’Unione Europea ha contribuito al totale per il 33 % (l’Italia per il 18%) e la Gran Bretagna per il 22%, a seguire Turchia con il 13%, gli Stati Uniti con il 12% e poi Giappone, Cina, Brasile e India con il 10%, importante sottolineare che appena qualche anno fa, nel 2015, l’India contribuiva alla produzione globale di energia elettrica da fonti alternative per non più del 3 %. In base ai dati a disposizione degli analisti EMBER eolico e solare hanno prodotto globalmente la medesima quantità di energia elettrica delle centrali nucleari ( 10,5 %). Se si guarda ancora più indietro, a cinque anni fa circa, quando fu adottato l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici a conclusione della COP21, si scopre che da allora eolico e solare hanno più che raddoppiato la loro produzione.
All’aumento della produzione da fonti alternative si è accompagnata, sempre nel primo semestre del 2020, la riduzione della produzione da carbone, il combustibile fossile più inquinante: -8.3 % a livello globale rispetto al primo semestre del 2019, nonostante la Cina, principale utilizzatore di carbone, abbia aumentato la sua quota, passando dal 50% (2019) della produzione interna di energia elettrica al 54% (era il 44% nel primo semestre del 2015). A fronte della crescita del gigante asiatico, gli Stati Uniti (a dispetto delle posizioni dell’attuale amministrazione) e l’Unione Europea hanno ridotto del 30% circa la quota di elettricità da carbone in rapporto alla produzione interna.
«Dal 2015 a oggi la crescita di eolico e solare è stata incredibile», afferma Dave Jones, di Ember, «ma il 10% rispetto a tutte le altre fonti di energia resta comunque insufficiente. Quello che per davvero dobbiamo chiederci è se le emissioni stanno diminuendo e di quanto. La risposta, purtroppo, è che non solamente le emissioni non diminuiscono, ma crescono! Nel 2019 siamo arrivati a 409 parti per milione di CO2 in atmosfera, con un aumento globale di 2,5 ppm (parti per milione) rispetto al 2018, e il 30% delle emissioni globali è da attribuire esclusivamente alle centrali a carbone. Il suo utilizzo dovrebbe crollare il più rapidamente possibile: se vogliamo ancora avere una chance di contenere l’aumento della temperatura media del pianeta entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, dovremmo ridurre le emissioni del 7,6 % l’anno in questo decennio. Purtroppo però l’attuale rallentamento nell’uso del carbone è solo in parte dovuto alla maggiore produzione di elettricità da fonti alternative: non procediamo abbastanza velocemente per stare dentro gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».
Per avere una possibilità di restare in linea con gli obiettivi del COP21 dovremmo ridurre le emissioni del 7.6% l’anno, e ciò significa ridurre l’uso del carbone a livello globale del 13 % l’anno , ma né la Cina né gli altri protagonisti dell’economia mondiale, Paesi emergenti compresi, sembrano seriamente impegnati in questa direzione, e la crisi economica scatenata dalla pandemia nella migliore delle ipotesi non incoraggerà investimenti in nuove tecnologie a fronte dei prezzi del carbone e del petrolio così a lungo più bassi di sempre.