Engels, i piddini e la narrazione dominante dello Stato brutto
In maniera volutamente provocatoria si parte da una citazione di Engels, padre dell’ideologia marxista, insieme al suo sodale, appunto, Karl Marx. Si tratta di una pura provocazione per risvegliare la vocina critica che sta dentro ognuno di noi, e quindi anche agli elettori del PD, che non hanno ancora scisso Engels e Marx, dal concetto dell’attuale pseudosinistra che occupa pochi seggi parlamentari. Questa deriva secca è dovuta dal non aver compreso che, nel lungo periodo, le politiche di destra, come è naturale che sia, avvantaggiano le destre. Oggi, tornare indietro passerebbe da un mea culpa infinito, che dovrebbe nuovamente introiettare il concetto di Patria, ormai venduto esclusivamente all’utilizzo degli altri soggetti politici, quelli definiti populisti e distruttori. Semplicemente, questo ripensamento si tradurrebbe in un’inversione talmente brusca, che sarebbe incoerente e, conseguentemente, non comprensibile. Svelerebbe, se ancora ce ne fosse la necessità, il fallimento delle limitazioni di sovranità e concessioni a vincoli esterni, a cui proprio loro hanno dato credito. La rifondazione, dopo il venir meno a un patto, a un legame di fiducia con l’elettorato, risulta quindi inutile. Le risposte che tale rifondazione dovrebbe dare, sono già occupate stabilmente dalle forze di maggioranza, che hanno introiettato al loro interno concetti base come la sovranità, l’interesse nazionale, i diritti sociali e l’insostenibilità di questo specifico progetto europeo.
Ma non si arrendono. Dietro questo progetto di smantellamento dei diritti sociali e di limitazioni di sovranità, si è costruito un castello di menzogne, che non sta più in piedi, prova il voto del 4 marzo. La narrazione deve necessariamente andare avanti, per non scoperchiare anche alla vista dei più miopi il tradimento all’elettorato. Questo si può sostenere, come diceva Engels, tramite i mezzi di comunicazione con finalità di deviazione della comprensione dei processi in atto nella nostra società. Una sinistra che non protegge più il lavoro, ma protegge il Capitale, è utilissima a esso, che la pomperà a dovere. Cosa c’è di meglio per il Capitale, di un cosmetico amico dei lavoratori, che che in realtà fa gli interessi opposti? Nulla! un vero sogno. Una volta presa coscienza di questo, si deve andare oltre, e comprendere che l’informazione costa cara ed è per questo motivo che è il Capitale a poterla gestire. Perché mai un capitalista dovrebbe investire una vagonata di soldi, per far aprire gli occhi ai salariati? Sarebbe un vero non senso. Un capitalista ha interesse a possedere un giornale nel momento in cui tale strumento gli permette di costruire una narrazione al popolo. in conformità con il proprio interesse.
Una narrazione di questo tipo è perfetta per chi vuol portare avanti un paradigma neoliberista, nell’interesse di pochi, colpevolizzando un popolo, facendolo sentire antropologicamente inferiore (questo è autorazzismo), rendendolo responsabile di un andamento che, in realtà, dipende da costrizioni esterne. Si è già parlato del debito pubblico e vi rimandiamo a questo articolo: https://www.lavocechestecca.com/2018/04/13/div-min/. Un dato fondamentale per leggere lo sforzo del popolo italiano è l’avanzo primario.
Questa tabella registra gli avanzi e disavanzi primari. Il nostro Stato è in avanzo primario da tempo. Ciò significa che, prima di pagare gli interessi sul debito, abbiamo un bilancio in attivo dal 1992, con l’eccezione del 2009. Sono 26 anni! Un virtuosismo estremo. Le eccezioni tedesche sono 7, spagnole 9, francesi 14, britanniche 15 (e per loro i dati si fermano al 2014 e iniziano nel 1995). Significa sistematicamente prelevare dal sistema privato risorse, mandandolo in affanno. Una politica di più imposte e meno spesa pubblica per generare avanzi primari fa saltare tutele costituzionali del nostro Welfare. Nonostante ciò, con immensa fatica, l’Italia è ancora viva. La narrazione dominante è in linea con un pensiero liberista di «Stato brutto», ma dobbiamo superare questa costrizione mentale.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.