Il libro: essere ebrei, questa la loro colpa
Eravamo ebrei
Alberto Mieli con Ester Mieli
Marsilio — 2016 — 15,50 euro
Essere ebrei: «Questa era la nostra unica colpa». Il sottotitolo di questo volume spiega tutto: nato a Roma nel 1925, Alberto Mieli è sopravvissuto ad Auschwitz, sul suo braccio c’è ancora, dopo settant’anni, il marchio di quella tragedia: «180060». Eravamo ebrei è il suo racconto alla nipote Ester, giornalista: «Non c’è ora del giorno o della notte in cui la mia mente non vada a ripensare alla vita nei campi, a quello che i miei occhi sono stati costretti a vedere». Era il novembre 1943: dopo aver guardato Roma diventare nazifascista anche con l’introduzione delle leggi razziali e dopo aver assistito al rastrellamento nel ghetto capitolino il 16 ottobre, Alberto Mieli a neanche diciott’anni viene arrestato. Dopo alcuni giorni di carcere e di torture (volte a sapere dove avesse preso dei francobolli raffiguranti dei partigiani che gli avevano trovato in tasca) viene portato a Fossoli, vicino a Modena, e da lì ad Auschwitz. Qui, dirà Mieli, «ho visto l’apice della cattiveria umana». Il dolore del racconto però non impedisce all’autore di narrare con estrema lucidità la propria esperienza: l’arrivo nei campi, l’odore acre dei corpi che bruciavano nei formi crematori in funzione tutti i giorni, il lavoro quotidiano stremante, i cadaveri ammassati, la stanchezza e la fame continue. Quest’ultima ha portato alla pazzia e poi alla morte migliaia di deportati. Un racconto crudo ma vero di un’esperienza talmente forte e violenta da segnare psicologicamente e fisicamente un uomo anche dopo settant’anni.
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