Eutanasia: la sacra libertà di scelta
Laura, racconta l’Huffington Post, ha 24 anni ed è depressa sin da quando era bambina. Nemmeno le cure in una clinica specializzata hanno potuto impedire il continuo aggravarsi della sua malattia. Laura ha deciso – e i medici hanno dato l’ok – di mettere fine alla propria sofferenza tramite l’eutanasia. È una storia triste, tragica, drammatica che andrebbe raccontata con il giusto pathos a tutti coloro che ritengono la «dolce morte» un «omicidio legalizzato», con l’unico fine di togliere di mezzo persone scomode. Laura ha 24 anni e tutta una vita davanti a sé, almeno teoricamente, ed è capace di prendere una decisione così importante. Qualcuno la vuole togliere di mezzo? No. Qualcuno ha deciso che lei è di troppo? No. È una decisione che l’essere umano deve avere: è il trionfo del libero arbitrio: scegliere come e quando morire. Negare questa opportunità a persone come Laura porterebbe molti a porre fine alla propria esistenza in modi molto più dolorosi e costosi per la società. Si veda l’esempio del regista Mario Monicelli che si è buttato giù dal terrazzo della clinica in cui stava passando le sue ultime settimane di vita.
Se decidiamo di condannare ancora il suicidio, vuol dire che secoli di Storia non sono serviti a nulla, che la religione sta continuando a influenzare imperterrita le nostre vite. Vuol dire che ogni dignità dell’essere umano è stata definitivamente sconfitta.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
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