Eugenio Montale: la poetica di un autore moderno
Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896, è considerato il maggior poeta italiano del Novecento. La sua attività ricopre buona parte del XX secolo, ben 60 anni, dal 1920, quando scrive le sue prime poesie, al 1980.
Lo stile del poeta muta nel corso del tempo, come evidenziano le sue tre maggiori raccolte: «Ossi di Seppia» (1925), «Le occasioni» (1939) e «Satura» (1971), quest’ultima pubblicata in seguito alla perdita dolorosa della moglie Drusilla Tanzi.
Montale viene da una famiglia borghese agiata e trascorre le sue estati a Monterosso, nelle Cinque Terre, a contatto con il paesaggio, che avrà un’importanza cruciale nella sua prima raccolta, «Ossi di Seppia». Il titolo rimanda all’immagine marina degli ossi di seppia, appunto, che possono sia galleggiare felicemente nel mare oppure sbattuti sulla spiaggia come inutili reietti, ma è questa seconda immagine che si impone. L’immagine è fortemente evocativa, simbolo della situazione in cui versa la figura del poeta nella modernità, che nella nuova società industriale ha perso quella considerazione sociale che aveva in passato. Un’immagine molto simile viene evocata da Baudelaire che paragona il poeta a un albatro, un uccello maestoso, sacro, che sorvola i mari, ma viene costantemente bistrattato dai marinai, che non lo lasciano libero di spiccare il volo, sulle sue «ali da gigante». Un tema importante, che viene messo al centro da quasi tutti gli autori del 900’, appellati decadenti, per la loro totale sfiducia nella società, seppur con sfumature molto differenti fra loro. La differenza cruciale fra Baudelaire e Montale è la completa mancanza di fiducia nell’avvenire di quest’ultimo, che non vede alcuna speranza all’orizzonte. Si scaglia duramente contro autori come Gabriele d’Annunzio (soprattutto nel celebre componimento poetico «Non chiederci la parola») che tentano attraverso la poesia e il panismo (essere tutt’uno con la natura) di formulare una verità assoluta, cercando di riaffermare la superiorità del poeta. La sintesi del pensiero poetico dell’autore è riassunta nella poesia «I limoni», presi come soggetto per la loro semplicità, concretezza e vicinanza al vissuto reale della gente comune: visione completamente opposta a quella del Vate.
Un altro tema molto ricorrente nella raccolta in oggetto è il male di vivere, una costante, secondo l’autore, in coloro che data la loro sensibilità si pongono domande su questa società industriale che aliena la collettività, rende mezzi di produzione gli uomini e impedisce loro di esplicare la propria personalità. Esso si presenta in varie forme. Il poeta, per rappresentarla al meglio, in «Spesso il male di vivere ho incontrato» descrive le calde estati, ricordando le «file di rosse formiche», le «scaglie di mare», i «frusci di serpi», immagini che rievocano la spietata realtà della vita, impassibile, arida e impietosa. Una visione totalmente coerente con la sua visione pessimista della realtà e della vita.
Bisogna comunque sempre ricordare che la poetica di Montale, come quella di qualsiasi altro autore, è fortemente influenzata dal suo vissuto personale, che è stato pieno di prove dure da superare, come la morte della moglie Drusilla Tanzi (che soprannomina «Mosca» nelle poesie) a cui dedica le prime due sezioni (Xenia I, Xenia II) della sua quarta raccolta «Satura» pubblicata nel 1971. Si tratta del tentativo di elaborare il lutto per la perdita della moglie. È proprio nella seconda sezione che Montale comporrà una delle poesie d’amore più belle della letteratura italiana, «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale». Nel componimento, ricorda la moglie, affetta da una forte miopia e come, nonostante questo suo handicap, l’unico modo per affrontare la vita era la sua compagnia, la sua vicinanza. Anzi, l’unico modo per vedere la realtà, che non è quella superficiale visibile dalle cose, è osservare in profondità sotto di essa. Tutto ciò è riuscito ad apprenderlo grazie alla moglie che è stata in grado di andare oltre le difficoltà della malattia, sotto la superficie visibile delle cose e ha colto la realtà vera, quella dell’anima, spirituale.
Sicuramente Eugenio Montale è uno di quegli autori che hanno scritto la storia della letteratura italiana e le sue poesie continueranno a vivere attraverso i secoli. È un autore moderno, che ci ricorda di come perdiamo di vista le cose veramente importanti della vita a causa degli impegni pratici che ci impediscono di fermarci e renderci conto di ciò che è realmente fondamentale.