Europee 2019. Intervista a Rizzo (PC): «Siamo per recesso da UE»
Marco Rizzo, presidente del Partito Comunista dal 2009, guida la formazione rossa nella corsa all’Europarlamento, egli stesso candidato.
Per il Partito Comunista non è stato necessario raccogliere le firme per l’ammissione della lista in corsa alle elezioni europee, in quanto apparentatosi con il KKE, già presente a Bruxelles con due eurodeputati. Quanto è forte il legame con i compagni greci, specialmente alla luce delle ultime decisioni dell’Eurogruppo che hanno ulteriormente gravato sulle pessime condizioni in cui versa il popolo ellenico?
Il rapporto che abbiamo con il Partito Comunista Greco (KKE) è frutto di un lungo lavoro internazionalista che nell’Ottobre 2013 ci ha consentito assieme di costruire a Bruxelles l’Iniziativa dei Partiti Comunisti ed Operai d’Europa con altri trenta Partiti Comunisti europei. Da lì scaturisce la fiducia e stima reciproca che ci ha consentito di ricevere l’assenso all’uso dei simboli in comune, nel marchio dell’internazionalismo. D’altronde le sfide che poniamo sono comuni: ricostruire un coordinamento internazionale forte dei partiti comunisti. Il fatto che sia un partito greco, che rappresenta i lavoratori e le classi popolari di un Paese martoriato dai diktat di UE, BCE e FMI è per noi importantissimo. Non abbiamo mai subito il fascino di una sinistra, come quella di Tsipras, che ha svenduto il popolo greco ai capitalisti europei. Anche quando la sinistra italiana aveva questa ennesima star internazionale, ne avevamo denunciato preventivamente la vera natura. Il tempo ci ha dato facile ragione.
Che cosa può concretamente fare una minoranza comunista nel tempio del liberismo?
Organizzarsi e rafforzarsi prima di tutto, radicarsi nei luoghi di lavoro, nelle periferie, tra i giovani. Avere coscienza di essere minoranza non significa essere minoritari. Siamo convinti che i nostri argomenti interessino la stragrande maggioranza del popolo italiano: quella maggioranza che ogni giorno lavora o cerca un lavoro, difende i propri salari, fa fatica a arrivare a fine mese. Tra i giovani il nostro consenso cresce fortemente. Abbiamo un’organizzazione giovanile che è tra le più forti del Paese. Per questo usiamo anche le elezioni. Se volessi ironizzare direi: «Vendere ai capitalisti la stessa corda con cui verranno impiccati». La presenza costante del partito, che rifiuta i cartelli elettorali della sinistra che nascono e muoiono a cavallo delle elezioni, serve a far conoscere le nostre parole d’ordine e rafforzarci.
Il Partito Comunista propende per il recesso oppure per la revisione dei trattati europei?
Assolutamente per il recesso. Riteniamo che la costruzione della UE e il conseguente impoverimento delle classi popolari non siano frutto di un errore o di un calcolo sbagliato, bensì di un piano preordinato voluto dalle oligarchie finanziarie. Mi fa rabbia sapere che la critica all’Unione Europea oggi sia associata alla destra, quando il PCI fu l’unico partito a votare contro l’ingresso dell’Italia nel mercato comune, nel 1957. Ovviamente la nostra idea di società è all’opposto di una destra nazionalista che vuole difendere i capitalisti italiani da quelli stranieri. Guardiamo a un processo di rottura della UE che marci di pari passo con la costruzione di una società nuova, in cui il potere vero sia nelle mani dei lavoratori e delle classi popolari.
Nel panorama euroscettico, alcuni partiti/movimenti non hanno valutato opportuno presentarsi alla competizione elettorale europea. Non ritenendo quest’organismo compatibile con la nostra Costituzione, reputano che, al contrario, candidandosi per entrare a far parte di esso, si verifichi una legittimazione dello stesso. Lei che cosa ne pensa?
Credo che altri partiti non avessero le condizioni per presentarsi. Più che una scelta vedo una costrizione, mascherata poi da scelta. Non è certo la nostra presenza a legittimare l’Unione Europea che esiste. Competere anche sul terreno elettorale ci dà la possibilità di far arrivare agli italiani l’unica voce realmente contro quest’Unione Europea, che è uno strumento della finanza e delle grandi imprese. La risposta sta nel fatto stesso che Lei mi sta intervistando… se non ci fossimo presentati alle elezioni la Vostra testata, così come i telegiornali, o i programmi di approfondimento politico, avrebbe parlato del Partito Comunista?
Anche i vostri più acerrimi antagonisti, i neofascisti di CasaPound, sono in lizza per un posto al Parlamento Europeo. Lei è tra quelli che credono non dovrebbe poter esistere un partito del genere all’interno della nostra Repubblica? Che cosa le suscita constatare che le vostre posizioni sull’Unione Europea risultano simili?
Essere oggi antifascisti significa esser coerentemente anticapitalisti. Noi non lasciamo certo spazio al neofascismo né nelle periferie né tra i lavoratori. Un certo antifascismo da «passerella» del PD e di una sinistra fucsia favorisce la crescita dell’estrema destra invece di contrastarla. L’aver strizzato l’occhio alle banche per poi cantare «bella ciao» ha accumunato la Resistenza ad una pratica politica odiosa nei quartieri popolari. I partigiani si girano nella tomba quando vedono come è ridotta la nostra società anche grazie al PD e ai Saviano e Boldrini di turno. Infine, le nostre posizioni politiche sono coerentemente contro la UE e per un sistema Socialista. La storia ci insegna che, alla fine, dietro nazisti e fascisti ci sono sempre i padroni. Mussolini, già socialista e mangiapreti, giunto al potere, diventa servo degli agrari e dei latifondisti e sottoscrive i Patti lateranensi col Vaticano. Hitler blaterava di nazional «socialismo», ma prendeva fondi e rispondeva solo alle banche e alla grande industria. Più chiaro di così! Che c’entriamo noi con Casapound e Forza Nuova? Noi siamo totalmente alternativi a questi gruppi.
Classe 1995, laureata in giurisprudenza.
Il diritto e la politica sono il mio pane quotidiano, la mia croce e delizia.
Vi rassicuro: le frasi fatte solo nelle informazioni biografiche.