Fabio Poli da Padova: le varie facce di un cantautore
Abbiamo presentato ai nostri lettori Fabio Poli, cantautore veneto, nell’ottobre scorso, quando abbiamo recensito il suo nuovo album, «Primo in classifica da 58 settimane», lavoro irriverente e ironico, ma con dei lati più introspettivi: oggi esce il video del nuovo singolo, Un anno dopo (…In giro per Berlino), di cui vi presentiamo in esclusiva le foto del backstage scattate da Sara Banzato; abbiamo colto l’occasione per fare due chiacchiere su cosa significhi fare il musicista oggi e se ci sia o meno, sul territorio, una certa attenzione per la musica. Al brano (e al video) ha partecipato anche Frank Nemola, storico trombettista di Vasco, che non ha esitato a passare da uno scenario internazionale a uno più di nicchia, pur di far parte della ciurma al seguito di Fabio Poli.
A cosa hai lavorato negli ultimi mesi? Parlaci del nuovo singolo.
Un anno dopo è stata una delle ultime canzoni che ho scritto prima di entrare in studio a registrare «Primo in classifica». Quest’album, fino a qualche mese prima, sarebbe stato molto più simile al precedente, «Capolavoro assoluto» (2012), con brani rivolti al sociale, non intimistici. Ma in quel periodo mi sono trovato a osservare la mia vita e quella dei miei amici e collaboratori, le nostre relazioni sentimentali in particolare, e ho preso coscienza del fatto che stavamo arrivando tutti sulla quarantina ma eravamo single.. C’era dunque, nella compagnia, un clima da gita scolastica ma fuori tempo massimo. Nel giro di quindici giorni sono nate quindi due canzoni, L’alba è un valzer lento e Un anno dopo, strettamente legate tra loro: la prima rappresenta la giornata di divertimento, da gita scolastica dei sedici anni, appunto, in cui ti sembra di fare proprio la vita che sognavi, fuori dagli schemi che la società ti impone. La seconda invece rappresenta la mattina successiva a quella giornata, in cui ti risvegli con la nostalgia per tutto ciò che hai lasciato andare. È un testo sentito, che racconta una storia realmente vissuta.
Oltre al testo, ci sono altri elementi che differenziano questo brano dagli altri dello stesso album?
Mi sono fatto conoscere con brani ironici e aggressivi, come Voglio fare il papaboy, ma non mi va di fare ciò che la gente si aspetta da me: per quest’album inizialmente avevo pensato di fare uscire come primo singolo Sono un cantautore di sinistra con la Porsche, ma poi ho realizzato che era proprio ciò che chi mi seguiva si aspettava. Ho fatto mia la lezione dei grandi maestri, da Battisti ai Beatles, per cui ogni album era un viaggio diverso dai precedenti. Loro erano dei geni, sono stati capaci di creare qualcosa di nuovo anche dopo 20 album. Per quanto mi riguarda, io ne ho realizzati ancora pochi, quindi posso ancora comporre brani che mostrino lati di me che non ho ancora mostrato. Un anno dopo era proprio il pezzo giusto, perché non avevo mai fatto uscire un singolo di questo tipo, una ballata acustica introspettiva e molto più intima.
Com’è la vita del musicista, oggi?
Sia ad alti livelli sia a livelli più bassi, di nicchia, in realtà quello che si fa è piuttosto simile per tutti: vedo anche i musicisti di Vasco, con cui ho collaborato più volte in passato, che ogni tanto hanno qualche grande evento, come il Modena City Park il prossimo luglio, ma si tratta pur sempre di qualche giornata nel corso di un intero anno. Gli eventi più grossi sono solo delle parentesi, per tutto il resto del tempo scrivi, suoni, crei e ti re-inventi. Poi certo, noi stessi siamo riusciti ad arrivare a eventi importanti (Poli ha ottenuto delle nomination come finalista del premio Tenco nel 2012, ndr) però la quotidianità è molto diversa, fatta di concerti nei locali, di fronte a 100-200 persone, feste di piazza, raramente qualche teatro.
Per quanto riguarda la scena musicale, sono abbastanza critico riguardo alla situazione presente, in particolare del padovano, luogo da cui provengo e in cui ho fatto una trentina di concerti da quando è uscito l’album. Padova era vivibile dal punto di vista culturale negli anni Novanta, c’era interesse sia da parte del pubblico, sia da parte dei gestori dei locali, sia da parte dell’amministrazione, sia da parte di radio e giornali.
E nemmeno le radio locali danno spazio ad artisti locali; a questo proposito mi è capitato di polemizzare con una webradio: se tu fai otto ascoltatori nelle tue dirette web e mi inviti, non sei tu a fare un favore a me, sono io che ti do visibilità. Ma si offendono, tutti credono di essere i nuovi Linus.
Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi lavori? Stai già lavorando a nuovi pezzi?
In realtà io scrivo tantissimo: se un album conterrà dieci pezzi, in realtà ne proviamo e riproviamo circa una quarantina. Mi sono trovato, mentre ero in studio a registrare «Primo in classifica», a scrivere anche canzoni completamente diverse, che si muovono in un’altra direzione, più cantautorali.
Ma in realtà tra poche settimane entrerò in studio per un progetto hard rock: non ho preclusioni di genere, mi piace spaziare (no, non mi sentirete mai suonare trash metal), anche perché comunque nella tradizione rock si è soliti abbinare canzoni molto dure e pezzi molto dolci, perché il rock è estremismo.
Non ci sono ancora date di uscita, in estate continuerò a suonare con varie formazioni, dal trio acustico alla band completa. Ci vediamo nei locali!
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