Fabrizio De André: 16 anni senza il poeta degli ultimi
Sedici anni senza Fabrizio De André. Il cantautore definito da Fernanda Pivano «il più grande poeta degli ultimi 50 anni» se n’è andato l’11 gennaio 1999, e da allora – lo dico senza il rischio di esagerare – la musica italiana non è più stata la stessa.
Ma chi era Fabrizio De André? Nato a Pegli (Genova) il 18 febbraio 1940, il giovane Fabrizio ha corso il rischio di diventare, usando le sue parole, «un pessimo avvocato» se non fosse che Mina, cantando La canzone di Marinella a metà degli anni ’60, l’ha fatto conoscere al grande pubblico. E da lì è stato un susseguirsi di grandissime collaborazioni (anche con artisti quasi sconosciuti al tempo) che hanno portato alla nascita di alcuni dei capolavori della musica italiana: «La buona novella» (con i fratelli Reverberi); «Non al denaro, non all’amore né al cielo» (con Giuseppe Bentivoglio, Nicola Piovani e Fernanda Pivano); e poi le collaborazioni con Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Mauro Pagani e Ivano Fossati. Come è già stato detto in più di un’occasione, la grandezza di Fabrizio De André si vede quando «deandreizza» ogni opera firmata anche in coppia: come non notare delle assonanze fra due canzoni agli antipodi, cronologicamente parlando? Il marchio «Made by De André» è inconfondibile. Ma De André era anche scrittore, almeno per una volta, con Un destino ridicolo, scritto – un’altra collaborazione – con Alessandro Gennari. E poi il Fabrizio agricoltore in Sardegna, alla tenuta dell’Agnata, suo personale angolo di paradiso dove erano benaccetti anche i fan in visita.
Poi c’è il Fabrizio delle dipendenze, dall’alcool e dal tabacco, che purtroppo gli hanno rubato la vita troppo presto. La droga, come racconta Luigi Viva nella sua biografia autorizzata (Non per un dio ma nemmeno per gioco, Feltrinelli), Faber la provò una volta sola, in barca con gli amici. Stette così male che non ne volle più sapere.
Fabrizio De André ha aperto le strade, dopo di lui ben poco percorse a dir la verità, della «poesia degli ultimi»: è stato lui per primo a «scandalizzare» parlando di puttane, di ubriaconi, di fannulloni, di drogati e di impiccati. Un poeta unico e inimitabile, Faber, che ha lasciato un vuoto probabilmente incolmabile nella musica e nella cultura italiana. Un vuoto che verrà colmato solo quando ci renderemo conto che non ci sarà più nessuno come lui.
Fabrizio De André se n’è andato l’11 gennaio 1999 dopo tre anni di quella che sembrava una premonizione. Non mi voglio lanciare in discorsi poco concreti ma vorrei solo condividere con voi queste mie riflessioni. Nel 1996 esce «Anime Salve», ultimo disco in studio di Faber, che si chiude con Smisurata Preghiera, una specie di testamento spirituale che chiude simbolicamente la carriera – e la vita – di Fabrizio De André. A cavallo fra il 1997 e il 1998, il cantautore genovese è in giro per l’Italia per quello che sarà il suo ultimo tour: è meraviglioso vederlo suonare e cantare con i due figli Cristiano e Luvi, che fanno parte della band (un’orchestra più che altro) di supporto. Le mie sono sciocchezze, ne sono consapevole; sciocchezze però molto suggestive.
Suonate De André oggi, ascoltate i suoi dischi, cantate con lui: aggiungetevi, per un giorno o per sempre, al coro celeste delle «anime salve».
Tito G. Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia