Il femminicidio è un problema, la risposta di Sara Collalti
Cara Gerarda,
nel tuo articolo pubblicato il 3 dicembre scorso esponi giustamente come l’altra parte della violenza, quella esercitata sugli uomini dalle donne, non sia raccontata molto dai nostri media, come però se questo non fosse materia di interesse del femminismo. Non è così.
Il femminismo è tale perché è contro ogni tipo di violenza fisica o psicologica ai danni di ogni essere umano. Anzi, ti dirò ti più. È assolutamente maschilista pensare che un uomo non possa subire violenza da una donna, perché il filo di questo ragionamento è che l’uomo sia in ogni caso superiore. C’è però da fare un chiarimento. Paragonando le due situazioni, abbiamo in entrambi in casi un uomo o una donna, psicologicamente assoggettati alla loro compagna o al loro compagno, che subiscono vessazioni di ogni tipo. Ci sono però delle differenze storiche innegabili. La legge ha per molti anni favorito il ruolo maschile come unico perno dell’agire politico e sociale. Basti ricordare il nostro diritto di famiglia prima della riforma con la legge n. 151/1975. Legali e socialmente accettate erano la dote, la potestà genitoriale ma anche maritale, cioè del marito sulla moglie. La moglie aveva il dovere di seguire il marito dove egli intendesse stabilire la casa
familiare. Il marito aveva il diritto, in situazioni di grave pericolo di salute per il figlio o la figlia, di decidere in maniera esclusiva come procedere (esempio: in che ospedale portarl*). Al contrario, non sono mai esistite leggi che discriminassero gli uomini nei rapporti coniugali. Ho poi notato una cosa. Nei titoli di giornale che parlano della violenza femminile sugli uomini si chiarisce subito e giustamente quanto il fatto commesso sia da condannare. Nel caso di William Pezzullo, ho letto spesso titoli come «sfregiato con l’acido» o «sfregiò il fidanzato». Elisa Giomi, ricercatrice all’Università di Roma Tre, ha invece analizzato i titoli dei giornali italiani sulla violenza contro le donne. Ne è uscito fuori che nel 41% dei casi si utilizzavano espressioni come «relazione conflittuale» (sminuendo la componente violenta) e nel 38% si giustificava la violenza con la gelosia. Magari mi sbaglio, anche perché di studi su articoli riguardo la violenza femminile contro gli uomini non ne conosco. Resta innegabile però che il tema del femminicidio, più diffuso rispetto al passato (nel 2011 i giornali italiani che ne parlavano erano 51, nel 2012 erano 751), continua a non essere affrontato nel modo giusto. Per quanto mi riguarda dunque, non è solo una questione di quantità.
C’è poi la questione guerra. Per secoli è stata la stessa società, governata da uomini, quindi con leggi fatte da uomini, a vietare alle donne di andare in guerra. Dunque, se a qualcuno dobbiamo recriminare il fatto di averne mandati ogni volta milioni a farsi ammazzare, sono gli uomini stessi.
In ultimo, fai presente che molti mariti divorziati sono ridotti sull’orlo del lastrico e condannati a non vedere i figli quanto vorrebbero, oltre che a lasciare la casa familiare alla ex moglie. Il nostro diritto di famiglia prevede che sia versato un assegno di mantenimento al coniuge che non sia in grado di provvedere ai suoi bisogni essenziali (senza specificare se sia uomo o donna), ma la maggior parte delle volte questo coniuge è il marito, perché spesso a parità di merito un’azienda o una società preferisce assumere un uomo: meno problemi, niente maternità, e via dicendo. Quindi casomai il problema è a monte: lottare per la parità salariale, abolire la pratica delle dimissioni in bianco in caso di maternità (e in generale), ma soprattutto concepire la genitorialità non come una questione femminile, ma di entrambi. Un padre ha il diritto e il dovere di stare con i suoi figli tanto quanto una madre. Per secoli infatti la genitorialità è stata tutta, per forza, al femminile. Questo in caso di rapporti civili, ovvio. Chiaramente il diritto di essere genitori non va difeso nel caso di un genitore violento, perché i suoi comportamenti possono pregiudicare la salute e a volte la vita del figlio o della figlia, come è successo a Federico Barakat, 8 anni, ucciso a coltellate durante un incontro protetto.
Niente notte dei lunghi coltelli o caccia al genere maschile dunque, perché non è questa la ratio del femminismo.