Aylan: una foto contro l’indifferenza
Sono bastate delle foto e un po’ di condivisioni per razionalizzare una realtà. L’immagine di un corpicino inerme e senza vita disteso sul bagnasciuga turco è bastata per commuovere il mondo e far realizzare alle persone che la questione immigrazione ha molte più sfaccettature di quello che sembra. Sono bastati un po’ di numeri d’identificazione marchiati sulla pelle da parte della polizia ceca per far riaffiorare le reminiscenze delle atroci crudeltà commesse dai nazisti allo straniero di allora, l’ebreo che, se bene ci ricordiamo, era etichettato inizialmente come il responsabile colpevole della disastrosa situazione economica dell’allora Germania nazionalista.
Tali paragoni con la Storia, che sono forse affrettati e inaccettabili, non sono idonei per delineare adeguatamente la complessità dell’attuale situazione, né tali ragionamenti stanno a significare che abbia ragione assolutisticamente una parte, i salvinisti, se così li possiamo chiamare, oppure l’altra, i buonisti (così vengono definite le persone disponibili ad accogliere i migranti), ma dimostrano che l’enorme esodo di dimensioni bibliche, che si sta verificando sulle coste di tutta Europa, è molto più complesso e sfaccettato di ciò che si potrebbe pensare. Ad esempio se un nostro amico sorregge un enorme sasso e lo fa ricadere sul nostro piede, la colpa non può essere attribuita solamente alla gravità (vi è la responsabilità di chi lo ha lasciato, l’attrito dell’aria, l’accelerazione…), ma è un dato di fatto che ciò provoca dolore al nostro arto, e che probabilmente dovremo camminare zoppi per un po’.
Normalmente non sarebbe appropriato che la foto di un morto faccia il giro dei continenti così velocemente e senza remore ma, in questo caso, può essere l’incipit che contribuisce a farci uscire da un vortice di egoismo eccessivo e assuefazione che ci aveva imprigionato in questi ultimi tempi. Anzi la vera disgrazia sarebbe che dopo questo exploit di condivisioni e dibattimenti sui social e sui giornali si smettesse di disquisire sulla questione e di trovarne finalmente una giusta e appropriata risoluzione, lasciando che tali eventi finiscano nel dimenticatoio e nell’indifferenza comune.
Infatti, non sarebbe la prima volta che situazioni tragiche vengono strumentalizzate dai media, dai talk show e diffuse con tanta irruenza dai veicoli d’informazione per poi sgonfiarsi immediatamente, a volte già il giorno dopo, e vanificare così i buoni ragionamenti che ne erano scaturiti. Forse è giunto il momento di sedersi ad un tavolo, armati di pro e di contro, evitando allarmismi e preconcetti, e lasciando da parte la tendenza ad infervorarsi e l’atteggiamento protervo che solitamente questi temi generano nell’opinione comune.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.