Intervista a Francesco Guccini
Uomo di poche parole, Francesco Guccini: nessun grande discorso, frasi misurate con il contagocce e dette con vivace ironia.
Due sere di fila ospite d’onore alla Fiera delle Parole a Padova e un pubblico sempre fremente di vederlo.
Un saluto breve all’inizio del concerto di Danilo Sacco e dei suoi musicisti e subito dopo stava già andando via, senza nemmeno gustarsi il tributo che gli era stato dedicato nel quale, insieme ad altri pezzi famosi, veniva riproposto “L’Ultima Thule”, l’album uscito un anno fa.
Si tratta di un album nel quale si respira l’aria dell’Appennino, in un’atmosfera quasi onirica che sembra voler esulare dal “Guccini impegnato” che siamo abituati a pensare. Invece l’attualità è viva e presente: non siamo forse tutti dei pagliacci che fanno gli ingenui ma poi ironizzano su di sé, come quello che fa testamento nella canzone? Non è anche nostra la Storia partigiana che, soprattutto ultimamente, sembra dimenticata?
Il tempo era poco e Guccini è restio a rilasciare interviste, ma siamo riusciti comunque a fargli qualche domanda alla quale lui ha risposto con poche ma efficaci parole.
T: Quanto ha influito Pavana in quest’ultimo album?
G: Pavana in verità ha influito in tutta la mia vita, non solo in questo album.
T: Personalmente la canzone che preferisco de “L’Ultima Thule” è “Su In Collina”. Secondo lei perché, specialmente fra noi giovani, si tende a dimenticare gli effetti del Fascismo?
G: Non sono d’accordo: non credo che siano stati dimenticati tutti, forse qualcuno, almeno spero. Lei comunque ha la faccia di uno che non se li è scordati.
T: In questo periodo così caotico, chi metterebbe ne “L’Avvelenata” a “sparare cazzate”?
G: Sicuramente tanti. Ma “L’Avvelenata” è frutto di un periodo che non è questo e non si può fare certo “L’Avvelenata Numero Due”
Tito Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
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