Genova: Grillo resta il padre padrone del M5S
A inizio marzo oltre 80 attivisti avevano scritto a Beppe Grillo in merito al cosiddetto «metodo Genova», ovvero l’intricato sistema con il quale si sarebbe dovuto scegliere il candidato sindaco per il capoluogo ligure. A loro dire il metodo era disegnato su misura per far vincere Luca Pirondini, favorito dell’ala ortodossa del Movimento, inficiando l’effettiva partecipazione della base, oltre che andare contro i regolamenti interni. La risposta non si è fatta attendere ed è stata piuttosto laconica: il metodo andava benissimo ed era intrinsecamente conforme al Non Statuto in quanto redatto dallo Staff preposto, che ha la facoltà di determinare procedimenti ad hoc ogni qualvolta lo ritenga necessario.
Le cose non sono però andate come previsto e a vincere la votazione online, riservata ai solo genovesi, è stata Marika Cassimatis (in foto). Per alcuni, tra cui Nicola Morra, ciò è il simbolo di come anche tra i 5 Stelle le minoranze vengano ascoltate. Pochi giorni dopo, però, Grillo decide di destituire la Cassimatis e indire una nuova votazione, aperta a tutti gli iscritti, in cui il solo candidato è Pirondini che, ovviamente, vince. Da lì inizia il silenzio stampa di tutti i principali esponenti del Movimento, anche se, da alcune indiscrezioni, molti di loro, tra cui Di Battista, avrebbero mal digerito la decisione.
Tutta la vicenda pone il Movimento 5 Stelle molto lontano da quelli che dice essere i suoi principi. Primo, la trasparenza. Come da risposta agli 80 attivisti, le procedure con cui vengono decisi i candidati nei diversi comuni non sono fisse, ma adattabili allo specifico contesto. Possono essere, per giunta, cambiate in corsa, senza che alla base venga chiesto nulla. Come, senza chiedere nulla e senza una ratio ben definita, può essere deciso chi far votare, se gli iscritti locali o quelli nazionali. Per gli stessi motivi, non si vede come il motto «uno vale uno» possa essere ancora applicabile. La decisione di escludere a giochi fatti la Cassimatis è stata presa da Grillo senza alcuna spiegazione che vada oltre a generiche accuse e a una richiesta di fiducia da parte dello stesso, stroncando la possibilità a ogni contradditorio. Ciò, inoltre, rende impensabile che nel Movimento ci possa essere una reale democrazia interna, se chi è al comando può epurare chiunque voglia senza quasi far rumore.
La proposta di democrazia diretta portata dai 5 Stelle era interessante quanto rischiosa, soprattutto all’interno di un paese delle dimensioni di quello italiano. Non si può credere, però, che sia realizzabile senza che sia fondata su un sistema finemente normato e dotato dei giusti contrappesi, in cui ogni processo decisionale sia chiaro e sicuro, cosa che, almeno attualmente, non è riscontrabile.
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