Gianni Riotta, profeta di verità (anche) sull’Ucraina
Ogni mattina un uomo si sveglia, si sistema la barba di cui va molto fiero, e capisce che anche quel giorno gli toccherà essere Gianni Riotta. Siciliano adottato (loro malgrado) dagli States, Riotta ora è il profeta a cui noi tutti dobbiamo affidarci per capire che cosa sta succedendo in Ucraina. Twitter è il suo regno, nel quale si permette di taggare direttamente «Potus», l’account del presidente Usa Joe Biden, forse sperando che gli risponda. Cinguetta a tutte le ore del giorno e della notte (in questo momento ha 193mila tweet pubblicati), retwitta i suoi stessi tweet che è come darsi cinque da solo e si fa portatore dell’aletheia, della verità.
Gianni Riotta, vista la sua vicinanza agli Stati Uniti, potrebbe essere tradotto come Johnny Riot, con un cognome che significa «rivolta, tumulto, disordine». L’unica rivolta che conosce è quella dell’italiano quando prova a scrivere un tweet.
Legge un articolo di Barbara Spinelli sul Fatto Quotidiano ma non lo capisce. La giornalista, parlando di Vladimir Putin, spiega: «Le motivazioni dell’aggressore, anche se smisurate, sono non solo ben ricostruibili ma da tempo potevano essere previste e sventate». E poi conclude: «Ammettere i nostri errori sarebbe un contributo non irrilevante alla pace che diciamo di volere». L’articolo di Spinelli mette in fila gli errori commessi dall’Occidente e pone come priorità, per arrivare alla pace, una narrazione corretta e basata sulla verità dei fatti.
Riotta traduce: «Ricordo @lastampa durante la guerra in Jugoslavia così ferocemente filo Nato e Occidente da firmare appelli in stile Henry Levy e Glucksmann sui nostri valori. Adesso scrive sul Fatto e diventa anti Usa e Occidente. Peccato! E si vede difesa da Travaglio :(». Come cantava Lucio Battisti: è difficile spiegare quel che anch’io non so capire. Ma Riotta, a differenza del grandissimo Mogol, autore di quel verso, non si rende conto di non capire e prosegue imperterrito a parlare di cose che non ci sono.
La condanna di Gianni Riotta è quella di non riuscire mai a centrare il bersaglio quando prova a criticare qualcuno. Il premio Pulitzer Glenn Greenwald lo ha definito «The opposite of journalism», il contrario del giornalismo. È lo stesso Riotta che dalle colonne del quotidiano La Stampa il 12 aprile 2019, parlando della militare transessuale Chelsea Manning (coinvolta nella questione Wikileaks) la chiama con il suo nome maschile e precisa che la donna «adotta ora il nome femminile Chelsea». Riotta evidentemente ignora che alle persone trans ci si rivolge con il genere (e quindi con il nome) che loro stesse utilizzano.
Riotta, che ha l’abitudine di urlare in diretta tv «Shut up», chiudi il becco, però cade spesso in errore. Un esempio? Aprile 2018, Agorà su RaiTre: il nostro J Riot sostiene che nell’articolo 1 della Costituzione non c’è nessun riferimento al fatto che la sovranità appartenga al popolo. L’economista Antonio Maria Rinaldi cerca di spiegarglielo, ma Riotta insiste: «Studenti, non ripetete un errore simile!».
Nel 2015 a Cernobbio sedeva accanto all’allora premier Matteo Renzi e, dopo aver chiesto invano al pubblico l’applauso al presidente, scioglie le riserve e si lascia andare: «Ai vostri nipoti potrete dire “Io c’ero”». L’anno prima, sempre parlando di Renzi, Riotta spiegava: «Abbiamo un giovane primo ministro fotogenico, forte, intelligente, sexy, digitalmente esperto, con il suo meraviglioso governo».
Pietrangelo Buttafuoco lo chiama «Gianni & Riotto», ma il nostro tu-vuò-fa-l’americano Johnny è molto di più. Uomo dal multiforme ingegno ma allergico alle notizie, quando entra in una stanza questa rimane inesorabilmente vuota. Riotta, nonostante sia iscritto all’Ordine, vorrebbe essere un giornalista ma non ce la fa proprio. Per lui la priorità è sempre quella di non disturbare il padrone del vapore. Come scriveva il buon Dante, che fin troppo spesso aveva ragione, quando ti imbatti in un tweet o in un articolo di Riotta non ti curar di lui ma guarda e passa. L’unica soluzione ai Riotta è ignorarli: si auto alimentano e si spengono da soli.
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