Giornata mondiale dei rifugiati: ma chi sono?
Il 20 giugno è stata la giornata mondiale del rifugiato stabilita dalle Nazioni Unite. Una giornata come le altre in tutto il mondo, o forse non proprio. Una giornata per pensare ancora più intensamente a quelle ondate di persone che lasciano il proprio paese d’origine, per scappare da situazioni che rendono impossibile restare, e ti «impongono» di cercare una vita altrove, che non è sempre più facile della vita che si lascia. Prima di tutto: sappiamo davvero distinguere chi è un rifugiato?
«Rifugiato è una persona che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese. È una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato perché se tornasse nel proprio paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni. Per persecuzioni s’intendono azioni che, per la loro natura o per la frequenza, sono una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono commesse per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale» (Fonte).
Oggi nel mondo i rifugiati sono 65,3 milioni, circa la metà sono bambini e la principale causa di fuga resta la guerra in Siria. Spesso ci si trova impreparati sull’argomento e ci si permette di «sparare sentenze» sulle persone che cercano asilo in Italia, o in Europa più in generale. Per questo motivo è davvero importante rendersi conto di chi sono queste persone e del perché scappano.
A livello globale i numeri sopra esposti ci indicano che oggi 1 persona su 113 è un richiedente asilo, uno sfollato interno e un rifugiato. In molte regioni del mondo le migrazioni forzate sono in aumento dalla metà degli anni Novanta, in alcuni casi anche da prima, ma il tasso di incremento si è alzato negli ultimi cinque anni. Le ragioni principali sono tre: le crisi che causano grandi flussi di rifugiati durano, in media, più a lungo, inoltre è maggiore la frequenza con cui si verificano nuove situazioni drammatiche o si riacutizzano crisi già in corso (come già affermato oggi la crisi più grande si verifica in Siria, ma negli ultimi cinque anni anche Sud Sudan, Yemen, Burundi, Ucraina, Repubblica Centrafricana sono teatro di violenze tali da non lasciare scelta). Fino alla fine del 2005, l’Unhcr (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati) registrava circa 6 persone costrette a fuggire dalla propria casa ogni minuto. Oggi sono 24 ogni minuto.
In questo periodo stiamo vivendo il lato peggiore di un’Unione Europea che chiude le frontiere, che parla di diritti umani ma che non ne applica, forse, mezzo, e il lato peggiore di popolazioni come quella italiana che si chiude a riccio, che si spaventa, invece aprirsi all’accoglienza e alla comprensione, che non si informa e che giudica senza conoscere. Una giornata importante quella mondiale del rifugiato, che non deve essere unica in 365, ma che deve farci pensare costantemente, giorno per giorno, che possiamo essere anche noi, con il nostro atteggiamento, a cambiare almeno in parte le condizioni di vita di chi si sente solo in un mondo che sembra quasi volerlo rigettare.
Anna Toniolo
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