La globalizzazione uccide i piccoli comuni

Per globalizzazione si intende il fenomeno economico mediante il quale viene facilitato il passaggio dai mercati nazionali a quelli internazionali, ed essa è infatti il frutto di un processo economico per il quale mercati, produzioni, ma anche modi di vivere e di pensare vengono connessi su scala mondiale, grazie a un continuo e sempre più veloce, flusso di scambi.
Anche l’Italia non ne è stata risparmiata e questo ha portato a numerose conseguenze, tra le quali, le più interessanti sono lo spopolamento dei piccoli borghi e l’incessante fagocitazione di persone da parte delle città.
E’ evidente che, in un contesto nel quale sembrano diventare fondamentali la velocità delle connessioni, la delocalizzazione del lavoro in grandi centri, la presenza di catene di supermercati nei quali ognuno può trovare qualsiasi cosa in tempo zero, si rende necessaria per le persone una migrazione di massa verso luoghi che siano il più possibile vicini a tutti questi bisogni secondari, indotti con una incessante opera di negazione di diritti elementari e di bombardamento pubblicitario.
Nel nostro paese i dati circa lo spopolamento dei piccoli centri sono quantomeno allarmanti.
I comuni in cui il calo demografico è più marcato, infatti, sono circa 2.340 e, secondo una ricerca Istat, le realtà sotto i 5.000 abitanti avrebbero perso circa 670.000 residenti negli ultimi 25 anni.
Una depressione decisamente importante per una nazione che conta 7.982 comuni (dei quali 5.567 sotto le 5.000 unità) e che su di loro ha da sempre basato la propria storia e cultura.
Investimenti sulla rete di trasporti pubblici extraurbani (oramai al collasso), incentivi per la ricostruzione e la ristrutturazione di piccoli borghi, aiuti concreti ai giovani che scelgono strade alternative a quelle dello smog e della conclusione, fondi creati ad hoc per la riapertura di botteghe e attività commerciali possono rappresentare una soluzione, ma da soli, non bastano.
Servono politiche informative per raccontare alle persone che una soluzione allo smog ed all’esaurimento nervoso esiste e si trova nel sorriso semplice e felice di un bambino che calcia un pallone in un prato, circondato da una cornice di pascoli e montagne.
Rinunciare ad un pò di comodità per aumentare il benessere effettivo, di questo si parla.
Prendiamo ad esempio uno dei paesi più piccoli di questa nazione, uno di quelli che hanno subito maggiormente la piaga dello spopolamento, passando dai 2054 abitanti del 1914 ai 121 del 2011. Stiamo parlando di Valloriate, piccolo comune montano e partigiano del cuneese, che si propone di attirare il visitatore con il suo ideale di resistenza-accoglienza, che negli ultimi anni è riuscito (seppur in minima parte) a invertire la tendenza di fuga dei suoi abitanti, portandone di nuovi e sempre più giovani, ma non solo.
Valloriate è teatro e ambientazione di alcune delle più interessanti realtà aggregative per giovani e meno giovani della Provincia Granda.
Propone, infatti, da svariati anni il «Campeggio Resistente» (in collaborazione con la omonima associazione), uno dei maggiori festival musicali/culturali indipendenti piemontesi ed italiani e «Nuovi Mondi Film Festival» (in collaborazione con Kosmoki ), rassegna cinematografica sul mondo della montagna che si è inserito stabilmente tra le più interessanti realtà del panorama nazionale.
Valloriate ha persino brevettato, grazie alle sue attività ricettive, una ricetta culinaria.
Ci sono riusciti grazie a investimenti mirati negli anni e voglia di fare, ma anche con il coinvoglimento dell’intera popolazione nelle iniziative locali e la solidarietà tra condivisori di un destino comune.
L’unica, vera, soluzione per i piccoli comuni sembra perciò essere la «r-esistenza» a oltranza, contro un paese che sembra non curarsi più di loro e contro un mondo che propina la bellezza effimera degli stili di veloci, dimenticandosi della magnificenza di una esistenza in slow motion.