Lettere dal Guatemala. La violenza sui bambini

Foto dell'autrice
Foto dell’autrice

Dalla nostra corrispondente Città del Guatemala
Sono giornate intense al Centro Ottorino, inizi a conoscere sempre di più i caratteri dei bambini, da cosa derivano certi comportamenti, a cosa sono dovuti l’aggressività e il vittimismo, la difficoltà nel dire quelle parole magiche come «Gracias» o «Por favor», il perenne istinto di mordere o tirare pugni e calci agli altri bambini. Non è normale, secondo i nostri standard, per un bambino di 3 o 4 anni comportarsi così.
Ma cos’è poi la normalità?
Questi bambini conoscono solo questo modo si relazionarsi proprio perché nelle loro case si verificano ogni giorno scene di violenza fisica o psicologica e così questa diventa la loro normalità, non è una loro colpa ma è una condizione che li renderà persone altrettanto aggressive e ostili come lo sono i genitori o i parenti con cui vivono.
Da quando sono qui ho ascoltato in varie occasioni episodi di maltrattamenti nelle famiglie dei bambini del centro.
Non così trasparenti come si possa pensare, talvolta le peggiori violenze sono quelle di lasciare il bambino in completa solitudine, o di dimenticarlo e lasciarlo vagare per la strada piena di pericoli, come si verifica ogni giorno.
Un esempio concreto che ho vissuto sulla mia pelle è quello di una bambina di un anno e mezzo: ieri a ora di pranzo abbiamo terminato le attività del centro prima delle vacanze di Pasqua, i genitori erano tenuti ad arrivare all’orario preciso proprio per una questione di responsabilità verso i loro figli (è una cosa che si prende molto seriamente); la maggior parte è arrivata puntuale o con qualche minuto di ritardo; ma la signora che doveva venire a prendere la bambina non arrivava. Dopo aver aspettato mezz’ora mi prendo l’incarico di chiamare un familiare della piccola, non rispose nessuno, quaranta minuti più tardi arriva la signora incaricata dalla madre della bimba scusandosi immensamente per il ritardo, il motivo? «Mi sono dimenticata».
Può essere uno sbaglio, una dimenticanza, appunto, ma se si ripete spesso allora non lo è più.
Ecco, quindi, come si stabiliscono le relazioni con i bambini in questa comunità che ha perso in parte il senso di proteggere chi mette al mondo, e di crescere il proprio bambino con l’affetto che merita.

Ilaria Bedin

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