Il ricordo: Hayden, ottimo pilota e uomo onesto
A volte alcuni avvenimenti ci ricordano come sia beffarda e sarcastica la vita e di come ci riservi un cammino pieno di ostacoli che nemmeno noi avremmo mai pensato di dover superare.
Il lunedì scorso è morto Nicky Hayden, uno dei grandi piloti americani. Fan, colleghi e appassionati del motociclismo si sono stretti attorno alla famiglia.
È deceduto dopo cinque giorni di coma, dopo essersi gravemente ferito in un incidente sulla strada di Riccione-Tavoleto mentre si allenava in bici con i suoi amici. Lo scontro violento con una Peugeot 206 Cc ha provocato all’americano un edema celebrale, e anche se il rider è stato immediatamente portato all’ospedale di Rimini e poi subito trasferito al Bufalini di Cesena, i danni erano talmente gravi che non ce l’ha fatta.
Hayden, figlio di un motociclista, è nato con le due ruote nel cuore e ha corso già da bambino nei circuiti di cross per poi passare al campionato Ama Supersport nel 1998, dove diventa campione già nel 1999.
Nel 2000 l’americano passa al campionato Ama Superbike, dove conquista subito il secondo posto in classifica, per poi coronare il traguardo di campione l’anno successivo firmando il record di più giovane campione della storia.
Da questo momento inizia l’ascesa di Kentucky Kid che nel 2002 corre come Wildcard nel campionato Superbike per poi passare nel 2003 in MotoGp, nel team Honda al fianco di Valentino Rossi, terminando la sua stagione da rookie al quinto posto.
Nel 2005 ottiene la sua prima vittoria in classe regina nel circuito degli Stati Uniti chiudendo terzo in classifica e nel 2006 riesce a vincere il primo titolo iridato conquistando la testa del mondiale all’ultima gara battendo l’allora imbattibile Valentino Rossi.
L’americano gareggia in MotoGp sino al 2015, correndo anche per Ducati, per poi passare al campionato Superbike con Honda.
Tuttavia le caratteristiche che tutti i piloti e gli addetti ai lavori ricordano di lui, oltre ai suoi risultati agonistici, rimangono l’assoluta onestà e la dolcezza dell’americano.
Stampato nella memoria di tutti noi vi è ancora quell’affermazione di Nicky dopo la vittoria del titolo di campione nel 2006 dove l’americano precisò: «Il campione sono io, ma il migliore resta lui, Valentino».
Di lui non si ricorda mai alcuna polemica né con il team né con gli avversari: non proferì parola nemmeno quando Pedrosa lo centrò stendendolo in Portogallo nell’anno in cui era in testa al mondiale.
La sua genuinità, onestà e calma saranno le caratteristiche con cui tutti lo ricorderanno, senza però dimenticare la sua caparbietà: il ragazzo del Kentucky non si è mai scoraggiato nemmeno negli anni più bui, mostrando di saper tener duro sia negli anni complicati passati in Ducati, sia poi nell’affrontare la mancanza di vittorie con la Honda.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.