Il debito è un problema, ma non per ciò che vi dicono

L’incubo degli ultimi anni, su cui si sono dibattute le campagne elettorali e per cui i governi hanno tremato è senza dubbio il debito pubblico.
Si dice che il debito pubblico italiano, che rapportato al nostro prodotto interno lordo ha raggiunto quota 132%, sia diventato insostenibile. Perciò, lo si è iniziato a demonizzare, collegando il suo lievitare a una sempre maggiore vicinanza al baratro del fallimento statale. Di conseguenza, per far fronte a questo pericolo incombente, è sorta come naturale e logica la necessità di attuare misure di austerità che andassero ad attenuare la spesa pubblica. Ricordiamo così l’avvento del Professor Monti, il primo paladino di questa impresa.

Per i gloriosi economisti come l’ex premier Monti, infatti, il nostro debito esorbitante deriva da un utilizzo del denaro pubblico smodato e controproducente, dagli sprechi della macchina statale, da un tenore di vita al di sopra delle nostre effettive possibilità.
Nessuna tra queste menti brillanti targate Bocconi o London School of Economics ha avuto l’ardore di svelare al popolo come, contrariamente a ciò che vanno sbandierando, il nostro debito si è accumulato così abbondantemente nel corso degli ultimi decenni.

Fino al 1981, l’Italia godeva dei benefici di una banca centrale forte e presente, che la garantiva dai giochetti meschini degli investitori. Infatti, se dei titoli di stato rimanevano invenduti, era la Banca d’Italia ad acquistarli, espletando il compito cosiddetto di prestatore d’ultima istanza. In seguito al Divorzio tra questa e il Ministero del Tesoro, invece, questo suo ruolo è venuto meno. Così, gli acquirenti dei titoli hanno ottenuto un grande potere di contrattazione sugli interessi, riuscendo a incrementarli in modo molto significativo. Questo ha avuto le ripercussioni che ancora oggi subiamo: siamo in mano a questi speculatori, a cui dobbiamo interessi elevatissimi.
Per questa ragione, è impossibile dare torto a coloro che si angosciano per la crescita del differenziale di rendimento tra bund tedeschi e titoli italiani, a chi si preoccupa se il nostro debito si innalza in questa maniera così vigorosa.

Inoltre, si deve prestare attenzione anche a un altro aspetto delicato inerente a questo meccanismo. Questa mattina, l’ex Ministro Elsa Fornero ha dichiarato presso la trasmissione Agorà: «Spero che questo governo assuma atteggiamenti meno spavaldi e più prudenti. Se chi ci presta i soldi regolarmente decidesse di non farlo più si devono chiudere i servizi pubblici».
Oggettivamente, occorre darle ragione. Questo è un problema serissimo, anche se la Fornero, volutamente, non lo ha delineato correttamente: non possedendo più una nostra banca centrale che emette moneta, avendo noi ceduto, contrariamente a ciò che prevede l’art. 11 della Costituzione, la nostra sovranità monetaria alla BCE, siamo esclusivamente in mano agli investitori.
Se le aste di vendita dei nostri titoli andassero deserte, noi non saremmo in grado di rifinanziare il nostro debito, poiché dipendiamo in tutto e per tutto dagli acquirenti.

Grazie alla narrazione dominante, addirittura c’è chi gioirebbe, povero masochista inconsapevole, della nostra incapacità di fare nuovo debito: peccato che, senza, la macchina pubblica crollerebbe di lì a poco. Il debito, infatti, se calmierato da una banca centrale degna di quest’appellativo, così come l’emissione di moneta, è la modalità con cui uno stato garantisce il funzionamento di sanità, assistenza, istruzione, infrastrutture, burocrazia. Senza questo denaro, noi tutti non saremmo in grado di avvantaggiarci di queste strutture emblema dello stato sociale.

Chi ha voluto che la Banca d’Italia cessasse la sua attività di prestatrice d’ultima istanza e chi ci ha consacrati al dio Euro erano ben consapevoli di tutto ciò. Così, esponendoci ai rischi della finanza internazionale, costoro hanno fatto sì che il nostro debito strabordasse, potendoci poi prospettare come irrinunciabile la riduzione della spesa pubblica: i magnati privati ringraziano per quest’eccellente macchinazione a loro favore. 

È dunque indispensabile il ritorno alla sovranità economico-monetaria, per rimettere al centro le esigenze del cittadino e non quelle dei giocatori di borsa.