Il Fentanyl: la sostanza che frutta più dell’eroina
In questi ultimi mesi vi è una questione che sta destando una considerevole preoccupazione nel panorama italiano, ovvero la «piaga del Fentanyl».
Negli ultimi tre mesi il numero di decessi è aumentato sino all’ammontare di 76 morti e, secondo gli esperti, la richiesta di tale farmaco sta crescendo esponenzialmente.
La situazione diventa sicuramente più preoccupante se si volta lo sguardo verso gli Stati Uniti, dove il fenomeno è iniziato, e dove si contano solo nel 2019 ben 90 mila casi di overdose correlata all’abuso di Fentanyl. Nel nostro Paese si sta delineando nel tempo lo stesso scenario che si è verificato oltre oceano, dove tale farmaco è stato prodotto legalmente e introdotto a piccole quantità, introducendo con il tempo nel mercato degli stupefacenti un prodotto facile da trasportare, semplice da reperire e acquistabile a basso costo.
La sostanza sembra produrre un mercato più proficuo addirittura di quello dell’eroina e riscuote successo in quanto provoca sensazioni di benessere ed euforia, ma allo stesso tempo anche sensazioni negative quali la sedazione, la sonnolenza, la nausea, possibili problemi respiratori e un senso di disorientamento e stanchezza tali da portare all’incoscienza.
Ma cos’è dunque questa nuova droga di cui parlano tutti e che ha portato alla morte così tante persone, compreso il famoso chef Andrea Zamperoni?
Il Fentanyl è un farmaco di tipo oppioide, che dunque analogamente all’eroina suscita appunto sensazioni di euforia e di rilassatezza.
Con più precisione tale oppiaceo, tecnicamente identificato come N-1-2-feniletil-4-piperidinil-N-fenil-propanammide e noto comunemente anche con il nome di Fentanest o Abstral, è un oppioide sintetico estremamente potente, talmente potente da superare di ben 100 volte l’azione della morfina.
Il farmaco fu sintetizzato nel 1960 dal Dott. Paul Janssen, a partire da un altro analgesico oppioide, la petidina, riuscendo a sfruttare le proprietà oppioidi di tale farmaco. In seguito, sempre nello stesso anno, il Fentanyl è stato diffuso sotto il nome di Sublimaze con la funzione di analgesico generale e ne sono state sviluppate delle versioni ancora più potenti negli anni successivi.
Ma la vera diffusione di tale farmaco è avvenuta attorno alla metà degli anni ’90, durante i quali il Fentanyl è stato diffuso e commercializzato per le cure palliative, tramite la produzione di cerotti chiamati Durogestic o lecca-lecca denominati come Actiq.
Ma chi erano i destinatari di tale potente farmaco?
L’oppiaceo è nato come soluzione per dolori acuti cronici e post operatori, e come anestetico in associazione con un atro farmaco di matrice oppiacea noto come benzodiazepam.
Il problema principale è che al giorno d’oggi è la droga più ricercata del momento e più acquistate nel dark web, per la sua reperibilità e il suo basso costo.
Tuttavia la vera questione ruota attorno al fatto che il rischio di overdose è altissimo, dato che la dose letale risulta essere pari a pochi microgrammi, e che potrebbe provocare la morte anche solo la sua inalazione o la sua assunzione per via cutanea.
Si tratta dunque di un farmaco pericolosissimo, contro il quale si ha solo un possibile antidoto, ovvero il Naloxone, un farmaco di primo intervento, che ha la funzione di inibire e contrastare le reazioni innescate dall’oppioide.
Inoltre, secondo anche Simona Picini, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità, la difficoltà sta nel fatto non è affatto facile poter essere in grado di identificare queste sostanze, dato che per farlo sarebbero necessarie analisi tossicologiche molto costose. Il motivo è semplice: i derivati di tale oppiaceo sono più di 50 e ne vengono realizzati sempre di nuovi.
Pertanto, data la pericolosità di tale farmaco e la sua facile diffusione vi è solo da sperare che si riescano a sviluppare nuovi metodi per riuscire a fermare questa distribuzione prima che sia troppo tardi.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.