Il montaggio hollywoodiano e la regola dei 180°

Tra le due scuole fondamentali di cinema, hollywoodiana e quella sovietica di Ejzenstejn, la prima prende il sopravvento diventando il cosiddetto cinema classico. Se Ejzenstejn puntava al condurre lo spettatore verso un ragionamento che lo portasse alla crescita, spesso mediante l’utilizzo del montaggio parallelo come in «Sciopero», dove creò un parallelismo tra le rivendicazioni sociali sfociate in disastro e la macellazione di un bue in un mattatoio, il cinema hollywoodiano aveva scelto la strada opposta. Per Hollywood il montaggio doveva essere lineare, con legami di causa/effetto tra un’inquadratura e l’altra. Il pubblico non doveva fare eccessivi sforzi a livello intellettuale per comprendere il significato profondo di ciò che aveva davanti agli occhi, anzi, doveva essere supportato, in quanto la fruizione dell’audiovisivo diventava un’elemento di svago, che doveva garantire un rilassamento e un’immersione nel mondo fittizio del film, la cosiddetta diegesi. Per diegesi s’intende tutti quegli elementi di carattere profilmico che ruotano intorno alla vicende narrate (personaggi, musiche, oggetti, ambiente, ecc…). Il contesto del film deve apparire totalmente reale per far sì che lo spettatore accetti il patto col regista e s’immerga totalmente nell’opera, vivendola emotivamente.

Con questa finalità, oltre al montaggio lineare, si cominciò a parlare di montaggio invisibile. Più la presenza del montaggio è visibile, più l’immersione totale nell’opera risulta disturbata, quindi si doveva riuscire a limitare al massimo la percezione della sua esistenza, mascherandolo con dei vincoli specifici. La regola fondamentale del cinema hollywoodiano che risponde a questa necessità è la regola dei 180°.

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Essa consiste nella suddivisione dello spazio scenico in due porzioni: lo spazio scenico visibile e lo spazio scenico invisibile. Ognuna di queste porzioni è di 180°. Nella prima, lo spazio scenico visibile, si posizionano gli elementi profilmici (attori, ambiente in cui si svolge la vicenda). Esso sarà la porzione che le macchine da presa riprenderanno dall’altra metà, dallo spazio scenico invisibile, dedicato totalmente agli elementi filmici e quindi alle attrezzature per la ripresa.

In una classica scena di dialogo, collegata alla regola dei 180° entra il campo-controcampo. Si chiama campo il primo attore ripreso nell’unità narrativa, mentre il controcampo sarà il secondo soggetto. Lo scambio del dialogo presuppone che i due attori siano messi uno di fronte all’altro, in un’alternanza d’interventi verbali ed espressivi che serviranno per far cogliere tutti i particolari. Si parte sempre da un piano d’ambientazione, dove il regista mostra il contesto in cui avviene il dialogo: un parco, un tavolino all’esterno o all’interno di un bar, per esempio. Nel piano d’ambientazione si vedono in lontananza i due attori, per poi passare al dialogo vero e proprio, dove si alternano primi piani degli attori, inquadrati in 3/4, in modo che si possano notare bene le espressioni e che il viso sia rivolto verso l’interlocutore.

Riprendendo un attore da una macchina da presa posizionata nello spazio scenico visibile, si avrebbe uno scavalcamento di campo e si confonderebbe lo spettatore. Avverrebbe uno spaesamento, perché lo spettatore si sarà abituato a vedere l’attore inquadrato dalla parte opposta e perderebbe l’orientamento. Per questo motivo, alla regola dei 180° si collegano tre tipologie di raccordi.

Parliamo di raccordi in fase di montaggio, quando un’inquadratura dev’essere collegata a una seconda. Per mantenere una logica nel movimento degli attori dello spazio scenico, per prima cosa, si deve rispettare il raccordo di posizione: se nella prima inquadratura Marco stava a destra e Luca a sinistra, anche nell’inquadratura successiva Marco starà a destra e Luca a sinistra. Poi, il raccordo di direzione di sguardo: se Luca e Marco stanno parlando tra loro e Marco guarda verso sinistra, Luca che è in posizione opposta dovrà guardare verso destra.

In ultimo, consideriamo il raccordo di direzione di movimento. Poniamo il caso che Luca esca da una stanza per entrare in un’altra e per questo motivo ci dovranno essere due inquadrature a rappresentare il suo movimento che inizierà in A e terminerà in B nella seconda stanza. Luca camminando uscirà dalla prima inquadratura verso destra e nella seconda inquadratura, la B, che inquadra la seconda stanza, dovrà entrare da sinistra, per rappresentare la continuità di movimento, pena la mancata comprensione da parte dello spettatore.