Il Repubblicano Texas senza corrente elettrica: paga scelte politiche scellerate
Da giorni lo stato americano del Texas si trova a fare i conti con una tempesta di freddo e gelo che ha letteralmente lasciato i suoi cittadini senza corrente elettrica. Uno scenario simile si era presentato l’estate scorsa nella democratica California dove a causare il blackout era stata invece l’ondata di caldo, responsabile inoltre dei numerosi incendi verificatisi nello stato durante l’anno passato, a cui i californiani avevano prevedibilmente risposto con l’accensione dei propri impianti di aria condizionata. Le conseguenze non hanno tardato ad arrivare: a fronte dell’ingente domanda di energia elettrica il sistema intero era crollato lasciando la popolazione senza elettricità.
A meno di un anno di distanza la storia si ripete: in Texas le temperature calano drasticamente raggiungendo i 20 gradi sottozero, i suoi abitanti, abituati a vivere una sorta di estate perenne, corrono ai ripari accendendo simultaneamente e come mai prima i propri impianti di riscaldamento e provocando così un blackout generale. Se quello che sta accadendo in Texas può sembrare, e per certi versi è, un evento fuori dall’ordinario, imprevedibile e senza dubbio complesso, ci sono alcuni fattori che, una volta considerati, sembrerebbero suggerire il contrario.
Innanzitutto è necessario chiedersi come sia possibile che uno Stato non sia in grado di rispondere efficacemente alla domanda interna di energia elettrica rischiando il collasso ad ogni sbalzo di temperatura. È importante osservare come il Texas non sia infatti il solo Stato americano ad essere stato colpito in questi giorni dalla tempesta di gelo ma piuttosto l’unico ad essersi dimostrato impreparato nella gestione del sovraccarico di energia elettrica. La spiegazione è semplice: per avversione nei confronti del governo federale, il Texas si è reso negli anni energicamente indipendente dal resto del Paese attraverso la realizzazione di una rete elettrica autonoma che si estende esclusivamente all’interno dello stato texano e che, di conseguenza, non è soggetta ad alcuna legge federale in materia. In nome dell’indipendenza, i Repubblicani, che governano il Texas da decenni, hanno così isolato lo Stato dal resto del Paese, credendosi forse più furbi degli altri, senza tenere conto però che così facendo sarebbero stati impossibilitati ad attingere alle risorse di altre reti in casi di necessità come quello di questi giorni.
I danni causati da decenni di amministrazione repubblicana non si fermano però qui. Oltre ad aver isolato lo stato dalle altre due reti elettriche nazionali, i governi locali si sono sempre schierati, come c’era da aspettarsi, contro le energie rinnovabili e di conseguenza hanno basato la fornitura energetica del Texas principalmente su fonti fossili. Ironia della sorte, con le temperature di questi giorni le condutture attraverso cui viaggia normalmente il gas naturale sono ghiacciate determinando così il blackout generale. In un certo senso si potrebbe avanzare l’ipotesi che a ridurre i texani all’attuale condizione di precarietà, ancor più critica considerati i disagi provocati dalla pandemia in corso, siano state la presunzione e il negazionismo delle sue amministrazioni.
In un articolo comparso nei giorni scorsi su The Guardian, Sascha von Meier, docente di ingegneria elettrica alla Berkeley University, ha affermato: «Stiamo già vedendo gli effetti del cambiamento climatico. Ci saranno più eventi del genere e la situazione continuerà a peggiorare». Le improvvise ondate di caldo o di gelo registratesi in California e Texas non sono dunque improvvise, piuttosto parti integranti della nuova normalità di fronte all’evidenza delle quali anche il negazionista più incallito dovrebbe arrendersi. Che in piena crisi energetica il governo del Texas continui a dare la colpa alle energie rinnovabili e al Green New Deal è uno scandalo.
Studentessa universitaria di Sociologia e aspirante giornalista.
Mi cimento in articoli di attualità e cultura con un occhio di riguardo per le questioni sociali.