Il sovranismo dell’individuo consumatore
Epoche di ragionamenti che ci fanno ripensare al modello di economia sviluppato in Italia dai partiti della Prima Repubblica, dall’Assemblea Costituente in avanti, fino a Tangentopoli, con evidenti passaggi intermedi di destabilizzazione di quest’equilibrio democratico. Un passo alla volta queste posizioni stanno riaffiorando e non è semplice riportarle alla ribalta in un sistema dove vige una sovranità completamente opposta rispetto a quella sperimentata in passato.
Ricordiamo che all’articolo 1 della nostra Costituzione si parla di sovranità popolare, che unisce due dei tre pilastri di uno Stato: la sovranità e il popolo. Il terzo pilastro è evidentemente il territorio, delimitato da confini che permettono il funzionamento di un determinato ordinamento giuridico interno. L’insieme di questi tre concetti crea le premesse per uno Stato e la sovranità è popolare in quanto espressione democratica di una comunità di individui aventi tra loro uno stretto legame in termini di valori, fissati nel loro patto sociale, la Costituzione.
Si è dunque partiti da una sovranità esercitata dallo Stato mediante scelte democratiche in funzione degli interessi della comunità nazionale, che aveva insita nel suo funzionamento una limitazione della sovranità dell’individuo legata alla ricerca del bene collettivo, a una individualizzazione della sovranità, che preclude allo Stato la funzione dirigista privilegiando la sovranità individuale mediante il dominio del mercato.
Quest’ultima non è nient’altro che la sovranità del consumatore, inserita in un meccanismo, la globalizzazione – e livello europeo nel mercato unico – che nulla vieta agli sfizi individualistici delle persone, ben sapendo che una volta educati gli individui a questa strumentale sovranità, sarà indubbiamente complesso riportare le comunità nazionali sulla via della vera sovranità, quella statale, dove si sacrifica una parte della sovranità del consumatore, ottenendo in cambio tutele dal lato del mercato del lavoro e dei servizi pubblici in generale.
Da una parte queste tutele sociali, dall’altra la possibilità di comprarsi l’ultimo modello di un qualsiasi bene senza che lo Stato possa decidere di vietarne l’importazione per tutelare le produzioni locali e, conseguentemente, i lavoratori interni di quel settore. Da una parte la sovranità popolare, dall’altra la sovranità del consumatore. Si tratta di una scelta che va compiuta osservando i pro e i contro dei due approcci alla vita collettiva, perché indubbiamente dall’educazione ricevuta la seconda è diventata mentalmente l’unica opzione presa in considerazione, mentre la prima potrebbe far storcere il naso a molti, talvolta abituati a grandi file notturne per assicurarsi l’ultimo modello di smartphone.
L’Unione Europea non è nient’altro che questo: l’instaurazione di un’area di libero mercato che punta a espandersi il più possibile, dando in pasto ai più ideologizzati l’ipotesi di un fantomatico Stato federale europeo. La continua spinta tendente all’allargamento di quest’area di libero scambio lavora in senso contrario rispetto alla concretizzazione di un’unificazione politica, in quanto aggiunge ulteriori criticità a una lunga lista che già ora appare insormontabile. Il vero obiettivo delle istituzioni sovranazionali che ruotano intorno al mercato unico europeo è la delegittimazione e il superamento degli Stati nazionali, che ad oggi rappresentano l’unico argine alla vittoria del libero mercato.
Saranno i cittadini, singoli componenti di una comunità nazionale, disposti a limitare la propria sovranità individuale per acquisire nuovamente l’opportunità vera, reale, di poter dare un indirizzo alla politica economica dello Stato? Solo il tempo ci darà una risposta.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.