Il web: la selva oscura delle fake news. Come sopravvivere?
Maria Antonietta, regina consorte di Francia e Navarra, dinanzi ad una rivolta popolare, scatenata dalla fame, pronunciò: «Se non hanno pane, che mangino brioche!».
Le piramidi di Giza furono costruite da centinaia di migliaia di schiavi.
Leonardo da Vinci fu l’inventore della bicicletta.
Einstein era un pessimo scolaro.
Sei riuscito a riconoscere il nesso comune che lega queste quattro proposizioni?
Se no, significa che almeno una volta sei caduto nella trappola della bufala.
Per ognuna delle asserzioni sopra riportate esistono, infatti, numerose fonti autentiche e attendibili, che dimostrano la falsità di questi miti popolari.
La celebre frase, attribuita alla regina ghigliottinata, è il calco di un passaggio delle Confessioni di Jean-Jacques Rousseau, a sua volta proveniente, secondo gli studiosi, da un modo di dire popolare diffuso in varie culture. Nell’età della Grande Rivoluzione Francese è stata erroneamente attribuita, tra l’altro, a diversi esponenti della nobilità.
I costruttori delle piramidi, stimabili in un numero di 10mila unità, erano lavoratori salariati, di ascendenza egizia, le cui tombe sono state ritrovate nel 1990, in un’area che corrisponde alla piana egiziana di Giza, una posizione troppo vicina alle tombe dei faraoni per poter sostenere l’esistenza del vincolo di schiavitù.
Nell’Antico Egitto, del resto, gli unici individui qualificabili come schiavi erano i prigionieri di guerra, bottino delle campagne di conquista, mentre le opere pubbliche e i servizi domestici erano per lo più affidati a lavoratori subordinati.
La responsabilità di questo terribile travisamento sono addirittura da assegnare, in questo caso, ad una fonte eccellente, vale a dire Erodoto, il viaggiatore greco che fu tra i primi a cimentarsi nel genere storico.
La Bicicletta di Leonardo, invece, raffigurata nel Codice Atlantico, raccolta di disegni e scritti del genio rinascimentale, è, secondo la maggioranza degli studiosi, il frutto di un’alterazione moderna, eseguita nel XIX secolo e, dunque, non connessa alle opere di Leonardo e dei suoi assistenti.
Le pagelle scolastiche del grande fisico, infine, parlano chiaro: lo scolaro Einstein ottenne sempre voti brillanti nelle materie scientifiche.
Se ti sei sentito abbindolato da alcune delle più celebri fandonie della storia umana, non preoccuparti!
Tutti siamo almeno una volta entrati, nel bel mezzo della nostra esistenza, in una selva oscura, il Fantabosco malefico delle bugie belle, affascinanti e piacevoli, oggi denominate con la locuzione anglosassone fake news.
Ci sono, infatti, fake news per tutti i gusti e tutti i palati, per ogni occasione, per ogni stagione, per ogni epoca.
L’era della pandemia da Covid-19 ci ha, ad esempio, coccolati con pseudonotizie divertenti e pericolose, come quelle distribuite da siti web addetti alla pubblicazione di informazioni false, ma anche da alcune delle massime autorità pubbliche del mondo.
Nel 2020 la personalità politica più potente al mondo, il Presidente degli Stati Uniti d’America, servendosi delle parole e dei gesti dell’uomo di spettacolo Donald Trump, ha trasmesso annunci imbarazzanti in merito alle più recenti scoperte scientifiche in materia di lotta al Coronavirus.
Ad aprile dello scorso anno, quando il virus marciava trionfante, Trump ha suggerito ai cittadini americani di sottoporsi ad una bicchierata di disinfettanti, per depurare dall’interno, e ad una seduta di raggi UV, per disattivare tutti i microrganismi, viventi dentro di noi.
Ma come riescono a trovare tanto successo le storie fasulle e indimenticabili?
Il primo segreto dei produttori di fake news, siano essi i viandanti cavallereschi del Medioevo o gli internetnauti del XXI secolo, consiste nell’avvalersi delle nostre precompresioni, dei nostri pregiudizi, dei nostri dubbi e delle nostre tesi.
I bugiardi, secondo il sociologo Overton, si interfacciano con la finestra dei concetti diffusi e conquistano ampie platee.
Quando un soggetto è alla ricerca di informazioni, tende a soffermarsi sui dati che confermano il proprio bias (pre-giudizio), il che comporta il sorgere di un’innata forma di pigrizia mentale, che ci impedisce di sottoporre ad una seconda analisi le notizie a noi verosimili o già incamerate.
Come rilevato da Francis Bacon, magistrale lottatore contro gli idoli, siamo, infatti, portati più a confermare un’ipotesi, tramite prove a favore, che cercare di prendere in considerazione evidenze contrarie.
Tale processo viene rafforzato con l’introduzione di dati parascientifici, presentanti come elementi prodotti dalla riflessione razionale di un gruppo di esperti, tecnica subdola che può essere sgominata soltanto con la verifica e la comprensione delle fonti, attività spesso faticosa e non alla portata dei più.
Repetita iuvant: una volta che la notizia verosimile, ma falsa, viene confezionata, la capacità persuasiva della stessa viene accresciuta con la ripetizione.
Di bocca in bocca, di fratta in fratta, da twit a twit, da post a post, nel reticolo dei social network, la notizia falsa trova l’habitat ideale.
Viaggia, infatti, ad una velocità sei volte maggiore di una notizia vera, ha il 70% in più di probabilità di essere retwittata e, grazie alla combinazione di confirmation bias e del truth effect, quanto più è condivisa, tanto più è riconosciuta come autorevole.
Cari amici del web, l’unico antidoto contro gli sterminatori della verità può essere, dunque, creato con il tenere a bada i propri pregiudizi, con il controllare le fonti e con il sottoporre quanto recepito a plurime letture e ascolti.
Si può fare!
Classe 2000, figlia del XXI secolo e delle sue contraddizioni. Ho conseguito la maturità presso il Liceo Classico Eschilo di Gela e frequento la facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Trento