Il web non è un bel posto per le donne
La tecnologia è una forza potente. Ci permette di connetterci in quarantena, di poter fare ordini a distanza senza essere costretti di uscire di casa e di gestire al meglio la nostra vita.
Purtroppo, è sempre all’interno della tecnologia che si annidano pericoli e mostri feroci che potrebbero rovinarci la vita tanto facilmente quanto ce l’hanno semplificata.
Uno dei mezzi più conosciuti per contattare il prossimo è l’applicazione di messaggistica Telegram, che, anche se meno diffusa della usatissima Whatsapp, rimane molto gettonata soprattutto per chi desidera un «nascondiglio» in cui inserire i propri segreti. Infatti, esistono canali formati da migliaia di iscritti, all’interno dei quali gli utenti si scambiano materiale pornografico e illegale.
Grazie a Telegram è inoltre possibile chattare in forma anonima, riuscendo così a nascondere la propria identità e a rendere le proprie conversazioni irrintracciabili.
Già nel 2019 il programma Le Iene aveva diffuso la notizia riguardo questi gruppi, ponendo la luce su chat losche, nelle quali si può entrare solo tramite un invito perpetrato da uno dei membri effettivi del gruppo, e nelle quali i partecipanti si scambiano foto di ex fidanzate e persino di minorenni.
Ovviamente nelle conversazioni che si sviluppano in questi gruppi la parola d’ordine è l’insulto e nelle discussioni vengono esaltati i più beceri istinti maschilisti, che collimano in una unanime condanna di quelli che vengono chiamati «i moralisti».
Ma Telegram non è l’unico mezzo, da ciò che emerge dalle ultime ricerche vi sono anche alcuni forum, nei quali vengono diffuse immagini e video di fidanzate, mogli e persino figlie, naturalmente inconsapevoli di essere esposte alla mercé del web. La cosa forse che fa rabbrividire è che in questi contesti gli utenti sfoggiano i peggiori insulti, tra i quali t***a è il più leggero, sino ad inneggiare persino allo stupro.
I reati in cui incorrono questi individui sono tanti, anche se la persona in questione si nasconde dietro ad un nickname. Ovviamente la pubblicazione di una foto avvenuta senza il pieno consenso del soggetto raffigurato comporta un illecito e, secondo l’articolo 167 del codice della privacy, potrebbe portare persino sino a tre anni di reclusione.
Invece per quanto riguarda i commenti e gli insulti, tali epiteti rientrano nel reato di diffamazione, secondo il quale il colpevole rischia assieme ad una multa fino a tre anni di reclusione.
Se poi si prendono in considerazione gli scatti che raffigurano ragazze minorenni, che sembrano i file di punta di questi gruppi, tale condotta rientra nel reato di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico e potrebbe portare sino ad un massimo di cinque anni di reclusione e ad una multa che può ammontare fino a 50000 euro.
Per non parlare poi della legge contro il revenge porn tramite l’articolo 612 ter del codice penale, grazie al quale è ora possibile processare tutti quegli ex fidanzati o ex mariti che si vendicano immettendo materiale online nel web. Secondo questo articolo questa azione ricade nel reato di «Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti» e potrebbe comportare una multa di ben 15000 euro.
Ovviamente il problema principale è che chiunque naviga nel web sa che qualsiasi file, quando viene caricato e condiviso nella rete, spicca il volo e molto spesso non può più essere recuperato.
Fortunatamente, a quanto sembra Anonymous ha deciso di aiutare tutte queste donne, avvertendo i gestori di questo traffico di pedopornografia e di revenge porn con un tweet, la loro intenzione di «lanciare l’operazione OpRevengeGram con lo scopo di contrastare questi infami criminali che celandosi dietro l’anonimato di internet si fanno beffe della società fregandosene delle possibili conseguenze che le loro azioni hanno sulle vittime».
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.