Inchiesta Fanpage: come le amministrazioni abusano dell’emergenza
L’inchiesta di Fanpage, qualora ancora non fosse chiaro, non solo dimostra il perché in Italia, grazie alla corruzione, un servizio pubblico costa ai contribuenti molto di più rispetto all’estero, ma ci fa soprattutto capire come mai certe problematiche tipicamente italiane continuano a rimane irrisolte.
Come è noto (e come si vede in quel servizio), in caso di emergenza (ma non solo) una pubblica amministrazione può legittimamente scegliere di non far partire i bandi di gara e di affidare gli appalti assegnandoli direttamente alle imprese con le procedure negoziate. Questo ha senso quando un ente si trovi in stato di grave e urgente necessità, spesso dovuta all’incapacità delle precedenti gestioni, e che quindi debba agire celermente. Tuttavia, se da eccezionale l’emergenza diventa strutturale allora appare evidente il come ci sia una volontà politica che non ha interesse nel risolvere tali problematiche. Non è più una questione di capacità o incapacità ma di onestà. Se l’emergenza finisce ricominciano le gare pubbliche di appalto e conseguentemente si riducono drasticamente le possibilità di essere corrotti.
Dunque, tale misura diventa un cancro da cui è difficile liberarsi. Anzi. Come una ferita infetta attira parassiti di ogni genere (traffichini, maneggioni, imprenditori senza scrupoli, criminalità organizzata).
Inutile ribadire come in ogni caso l’onestà sia un prerequisito, ma contando che già solo nei video di Fanpage troviamo due o tre personaggi candidati o legati a candidati del prossimo Parlamento, come si potrà sperare di avere finalmente una legge anticorruzione seria? In questa sciagurata campagna elettorale se n’è parlato pochissimo, forse perché i temi sociali ed economici hanno, non senza ragione, avuto il sopravvento.
Un’ultima nota: di come governi Virginia Raggi si può dire tutto, d’accordo. Però almeno una cosa le va riconosciuta: nonostante una fortissima pressione, non solo mediatica, è stato l’unico amministratore romano dopo moltissimo tempo ad aver posto una «significativa riduzione» nel ricorrere a questa pratica oscura delle procedura negoziata ad aver preso «misure efficaci» contro la corruzione. Vedere la relazione di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), inviata questo 18 gennaio.
Nato nel 1993, felicemente piemontese. Dopo gli studi di ragioneria, mi sono addentrato in quelli di Lettere, conseguendo la laurea triennale. A breve, arriverà anche il titolo magistrale.