Il volto più misogino di Gandhi. Parte 2
Seconda parte. Leggi la prima: la trovi qui
Vi proponiamo, diviso in due parti (pubblicate tra ieri e oggi), un approfondimento a cura della nostra Federica Tronci sul lato meno conosciuto di Gandhi, quello riguardante la sua concezione delle donne. La nostra collaboratrice affronta questa tematica, seppur in un discorso più ampio, nella sua tesi di laurea in Scienze Politiche, che discuterà il mese prossimo. Le foto, escluse ovviamente quelle raffiguranti Gandhi, sono state scattate da lei durante il suo viaggio in India l’anno scorso.
Le opinioni tratte dalle attiviste femministe indiane si caratterizzano sia per l’entusiasmo nei confronti della lotta del Mahatma sia per una costante preoccupazione relativa ad alcuni tratti della personalità di Gandhi. Secondo la femminista indiana Madhu Kishwar, Gandhi concepisce le donne non come destinatari passivi, ma come soggetti attivi, con una capacità di autodeterminazione. Egli ha permesso che potessero trovare una nuova dignità nella vita pubblica, un posto nella nuova corrente politica nazionale, una nuova fiducia, e una consapevolezza di poter agire contro l’oppressione. Dall’altro lato però viene osservato che la concezione di Gandhi sul genere femminile era profondamente radicata all’interno dell’antico patriarcato indù e della religione. Le sue inclinazioni avevano come obiettivo quello di limitare il movimento delle donne, piuttosto che dare loro la forza di proseguire il cammino verso l’uguaglianza. Ci sono voluti molti anni di pressione dall’attivismo femminista prima che le donne potessero unirsi al movimento.
In uno studio più recente di Michael Connellan, giornalista inglese del Guardian che vive a New Delhi, il leader indiano è descritto come un uomo che ha contribuito a rendere l’India una delle nazioni più represse, sessiste e misogine. Gandhi viene accusato di aver contribuito alle ondate moderne di crimini sessuali. Infatti, Connellan rivela che le donne indiane sono le più grandi vittime del suo comportamento: abusando del proprio potere, Gandhi avrebbe approfittato di molte giovani indifese.
Quando il Mahatma si trovava in Sud Africa e due ragazze vennero molestate davanti a lui, egli rispose tagliando i capelli delle due giovani, per assicurarsi che non attirassero più l’attenzione. In questo modo lasciò trasparire un messaggio che ancora oggi ha delle ripercussioni importanti: le donne hanno la responsabilità delle aggressioni a sfondo sessuale che subiscono e nel momento in cui vengono stuprate perdono la loro ragion d’essere.
Una visione così purtroppo è stata ereditata dall’India contemporanea: nel 2009, alcune scuole in India hanno reagito a varie ondate di casi di molestie e stupri vietando alle donne di indossare i jeans, considerati uno stile occidentale troppo provocante.
Le critiche mosse sicuramente sono importanti per mettere in luce anche l’altra faccia della medaglia di un personaggio così significativo, perché talvolta la storia tende a evidenziare alcuni lati più forti e d’impatto rilevante per la narrazione dei fatti, oscurando quelli più deboli e non considerati importanti rispetto per esempio alla liberazione di una nazione. Certo, la figura di Gandhi non fu limpida, ma è esattamente come quella di qualsiasi altro uomo o donna che sono considerati rilevanti per la storia.
Il suo movimento, il pensiero pacifico e la lotta nonviolenta, portarono comunque a una maggiore consapevolezza per le donne e all’inizio di un graduale percorso verso una loro partecipazione più attiva nella società indiana. Gandhi ha mostrato la via per intraprendere delle lotte di libertà, indipendenza e pace a personaggi quali Martin Luther King e Rosa Parks, che hanno avuto la forza di combattere seguendo il suo straordinario messaggio di lotta nonviolenta, Aung San Suu Kyi, leader per la liberazione dalla dittatura militare in Birmania, il Dalai Lama che si batte per la liberazione del suo popolo dall’oppressione della Cina fino a Malala Yousafzai che ha affrontato il terrorismo e la violenza con i suoi stessi occhi. Questa giovane ragazza, ha promulgato uno dei messaggi più belli e di grande significato soprattutto nella società attuale. Con l’istruzione, la pace e la solidarietà si può combattere la violenza: «Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo».
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