Io, Ridley Scott e l’11 settembre 2001. Parte 1

Giugno 2001. Appena tornato a Los Angeles dopo 1 anno a Bali e 2 anni a Sydney dove avevo appena diretto la sigla iniziale dei Giochi Olimpici del 2000, mio fratello Gino mi aveva invitato a pranzo a casa del montatore cinematografico vincitore di premio Oscar per il film JFK di Oliver Stone, l’italiano Pietro Scalia.

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Si erano conosciuti da poco per caso perché i loro figli andavano nella stessa scuola e nella stessa classe, Pietro era in cucina nella sua bellissima casa sulle Pacific Palisades che preparava una pasta ai frutti di mare, mi parlava del suo lavoro con Ridley Scott con cui aveva cominciato a lavorare dal film Il Gladiatore e che ora stavano preparando un film di guerra dal titolo Black Hawk Down sulla disfatta americana in Somalia. Tra una mescolata di sugo e l’altra Pietro mi informava che Ridley non riusciva a trovare nessuno a Hollywood con lo stile giusto per i titoli di testa che aveva in mente per il suo nuovo film, cercava qualcuno con uno stile per così dire «organico». Allora fu come se Pietro mi avesse dato una botta in testa, gli dissi che prima di andarmene dall’America quando avevo la mia casa di produzione e design boutique Kampah Visions a Venice Beach, dove realizzavo commercial pubblicitari e sigle televisive come regista, mi ero guadagnato il soprannome di Mr. Organico. Mi chiese allora a quel punto di mandargli un mio reel da sottoporre all’attenzione di Scott e così feci. L’idea di poter lavorare con una leggenda del cinema come primo lavoro al mio ritorno a quella che ormai considero la mia casa, naturalmente mi eccitava molto, negli anni precedenti lavorando come regista, avevo rifiutato di fare le grafiche per altri registi anche se importanti come Baz Luhrman, Marcus Nispel e i Cohen Brothers ma pur di conoscere e collaborare con un grande come Ridley ero disposto a fare un’eccezione. Qualche giorno dopo Pietro mi chiamò e mi disse che Scott aveva molto apprezzato il mio reel e che sapeva di me e del mio lavoro precedente , ma che avrebbe voluto vedere qualcosa di più specifico riguardo il mio approccio a un film di guerra, come quello su cui stava lavorando adesso, prima di affidarmi i suoi titoli. Incoraggiato dalle sue parole decisi allora di girare un test con una videocamera casalinga. Stampai su acetato le grafiche dei nomi degli attori del titolo del film e di Pietro e Ridley e li sovrapposi fuori fuoco di fronte a un televisore acceso che trasmetteva le immagini dei miei film di guerra preferiti dell’epoca (Apocalypse Now e Il Cacciatore), feci zoom con la camera sui pixel del televisore sgranando le immagini e rendendole irriconoscibili ma aggiungendo colori violenti alle grafiche bianco e nero dei titoli. A questo punto era il caso di mostrarlo a Scott in persona per conoscerci meglio e quindi mi recai agli studi di Jerry Bruckeimer produttore del film a Santa Monica, gli stessi dove era appena stato montato il film Pearl Harbour di Michael Bay.
Ridley si rivelò fin da subito una persona affabile e squisita e gli piacque il mio treatment cosi graficamente «sporco»e allo stesso tempo organico, come lui lo voleva .
Venni immediatamente assunto e mi diedero una stanza a fianco di quella di Pietro all’interno della grande struttura che aveva anche una piccola sala cinematografica per le visioni dei premontati in pellicola. Cominciò così una lavorazione intensa e giornaliera a stretto contatto con Ridley e Pietro  che durò 3 mesi, mentre intanto mi ero fidanzato con Lura, la figlia di Armando Gallo, il fotografavo dei divi con cui avevo fatto il mio video per gli U2 10 anni prima Even Better Than the Real Thing e mi trasferii a vivere a casa sua non lontano dagli studi di Brukeimher. L’idea di Ridley per i titoli di testa del film era quella di raccontare la storia della Somalia prima che le truppe americane vi mettessero piede per cercare di sgrovigliare una intensa matassa creata dalle precedenti dinastie di tiranni che l’avevano custodita. Mettere lo spettatore al corrente della storia di questa sfortunata nazione e poi cominciare il film capendo dove si era. I collaboratori di Pietro mi misero a disposizione tonnellate di video e articoli di giornali su cui lavorare per la mia ricerca di materiale iconografico e anche una sequenza girata da Ridley in Marocco dove venivano spostate le salme di poveri uomini morti di fame.

Continua domani…