Intervista a Nicola Morra: Stato e Antistato
Appuntamento al Pantheon, ore 9 accanto alla fontana centrale. Già molto frequentata alle prime ore del giorno, illuminata dal Sole era ancora più bella. L’ex Presidente della Commissione Antimafia aveva deciso di accordarmi un’intera intervista di persona, in cui avevo la possibilità di dare una risposta a tutti gli interrogativi accumulati negli anni.
Elegante, raffinato, una proprietà di linguaggio eccellente, mentre camminavamo in direzione di un luogo tranquillo dove sederci ed iniziare l’intervista, mi ha proposto numerosi concetti di filosofia ed etica, con tanto di citazioni latine.
Chi è Nicola Morra?
Nicola Morra: insegnante, politico, Presidente della Commissione Antimafia, è nato a Genova il 5 luglio 1963. Si laurea in filosofia presso l’Università di Roma La Sapienza e si specializza in Bioetica all’Università di Bari. Insegnante di storia e filosofia in Calabria, diviene col tempo esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, che decide di portarlo in Parlamento nella XVII legislatura. Quello stesso Movimento 5 Stelle che ha deciso, poi, di espellerlo nel 2021, insieme ad altri 15 rappresentanti, per non aver votato la fiducia al Governo Draghi.
Ci sediamo. Immediatamente tenta di ricreare un’intervista familiare, dicendo di immaginarla come una chiacchierata tra amici. Apprezzo molto questo suo modo di creare una situazione confortevole.
La mafia: tra Stato e Antistato
Cos’è lo Stato e cos’è la mafia?
«Scriveva Don Luigi Sturzo nel 1900: “la mafia ha i piedi in Sicilia, ma la testa a Roma”. Le mafie hanno usato la massoneria deviata in maniera molto intelligente per cooptare a sé le intelligenze più raffinate.
D’altronde, andando a prendere la definizione di mafia di Rocco Chinnici, “la mafia è uno strumento di conservazione del potere”, quindi: chi vuole il cambiamento deve essere anti-mafioso, chi vuole la conservazione delle strutture sociali ed economiche in cui si vive deve appoggiare la mafia.
Quando il potere non arriva attraverso il diritto a conservarsi, usa altri strumenti, che non siano il diritto o affini, per conservare la propria supremazia. Nel rapimento di Aldo Moro è più che probabile il coinvolgimento della ‘ndrangheta, poi si ricorre anche ai servizi segreti deviati, alla massoneria deviata. Quando è che si può rilevare una deviazione? Quando non si va verso una linea predisposta, ossia quando la direzione di marcia è altra rispetto a quella che viene intrapresa da qualcuno, però tu la direzione di marcia la devi vedere. Se i servizi son segreti, come fai a vedere la direzione di marcia principale?»
La Trattativa Stato Mafia
Nel caso della latitanza di Provenzano, in cui si legge che lo Stato scelse il male peggiore al male minore, quale sarebbe stata la linea dritta da seguire e quale la deviazione? E’ giusto preferire la latitanza di un boss mafioso, considerato moderato, per evitare il rischio di far prevalere la frangia stragista?
«Noi nell’ultimo decennio abbiamo accreditato la tesi del giudice Nino Di Matteo per cui ci sarebbe stata una trattativa – e questo ci avrebbe scandalizzato – tra corpi dello Stato e poteri criminali. In base a questa tesi, il giudice Di Matteo, e chi ha assecondato la sua tesi, ha sostenuto che in occasione di quella crisi, palesata attraverso le stragi, alcuni uomini dello Stato avrebbero trattato con l’Anti-stato. Domanda che fa il Presidente della Commissione Antimafia: “Perché prima non è mai stato così?” La trattativa è da sempre in atto, perché, quando lo Stato Unitario nacque, piuttosto che eradicare da alcuni territori le organizzazioni criminali, ha deciso di prendere accordi. Poi altro passaggio storico: nel 1943 gli angloamericani sbarcarono in Sicilia. Ormai la ricerca storica ha acquisito il dato per cui gli statunitensi, prima di sbarcare in Sicilia, avevano contattato gli esponenti delle 5 famiglie mafiose operanti a New York. Quando gli alleati sbarcarono, permisero che il consolidamento del potere, voluto appunto dai conquistatori, venisse garantito dalle forze messe sul campo da Cosa Nostra. Cosa Nostra indicò 93 sindaci che rappresentavano il potere degli alleati, per sostituire i podestà fascisti con altri che rispondevano all’autorità anglo americana. La trattativa, se intesa tra due soggetti diversi che si rapportano tra di loro in maniera conflittuale, è assolutamente irreale. Al contrario la trattativa c’è sempre. Come ha ricordato Pippo Fava, nell’ultima intervista rilasciata ad Enzo Biagi prima di essere ucciso, quello che noi consideriamo l’Anti-Stato non si è semplicemente infiltrato, ma ha colonizzato lo Stato, per cui, all’interno di quello che noi chiamiamo “Stato”, si trovano uomini che ragionano in maniera mafiosa ed accettano si agisca in tal modo. Un esempio su tutti è la distruzione delle famose intercettazioni, che casualmente sembra siano state nella disponibilità di Antonio Calogero Montante, detto Antonello Montante. Costui è l’uomo che emblematicamente offre l’idea di un sistema relazionale che ha coinvolto magistrati, uomini delle forze dell’ordine, uomini dei servizi segreti, politici e giornalisti, al fine di permettere un controllo straordinario da parte di un’organizzazione così raffinata ed efficace da far credere che Confindustria Sicilia, in nome della legalità, avesse sbattuto fuori chiunque avesse pagato il pizzo, salvo poi scoprire che gli espulsi fossero stati 0. Questo vuol dire che in Sicilia nessuno pagasse il pizzo? E’ assolutamente inverosimile.»
Le stragi del 1992
A questo punto, ipotizziamo la trattativa non sia un caso unico, ma una collaborazione portata avanti nel tempo, e che lo Stato sia ormai talmente tanto inquinato da non distinguersi più tra Stato ed Anti-Stato. Perché scegliere ed eseguire con quella teatralità le stragi? Era forse un modo per eliminare quella minima parte sana che stava cercando di far uscire fuori la verità?
«Finisce la prima Repubblica, sotto la scure di un’ondata di sdegno che prende l’opinione pubblica italiana, in funzione di quello che stava man a mano emergendo dall’inchiesta “Mani Pulite”, avviata dalla Procura di Milano. Ricorda che il 17 febbraio del 1992 fu arrestato Mario Chiesa, le stragi sono di maggio e di luglio.
Si era capito, perciò, che il sistema si stava ormai velocemente sgretolando. Son stati altri che hanno concordato che si dovesse fermare l’eventualità del cambiamento, e altri non è detto fossero in Italia.
Perché la vera domanda che noi ci dovremmo fare è: “L’Italia rispetta veramente quello che è scritto nell’art. 1 della Costituzione? La sovranità appartiene al popolo, di quale Stato?” Tu hai memoria della strage del Cermis? Nel 1997 il Presidente del Consiglio era Massimo D’Alema, alcuni piloti di caccia statunitensi in volo decisero di divertirsi, abbandonando le rotte di volo prestabilite, iniziando a giocare. Scesero molto bassi, uno di questi tranciò i cavi della funivia del Cermis, ci fu un disastro.
Gli aerei Nato sono stati prelevati e gli interessati vennero processati negli Stati Uniti, sottraendoli alla giurisdizione del Paese dove era stata commessa la strage. Leggo che il responsabile avrebbe fatto un anno di carcere avendo prodotto la morte di più di una ventina di persone.»
Non sarebbe stato più comodo se la mafia ed una parte così ampia del sistema avessero zittito il giudice Paolo Borsellino in maniera burocratica, invece che con un’altra strage che ha risvegliato un’importante coscienza anti-mafiosa?
«Il giudice Paolo Borsellino è stato zittito, esattamente quando gli organi inquirenti hanno deciso di non ascoltarlo per ben 57 giorni, quelli successivi alla strage di Capaci. Sono stati commessi errori formidabili nelle indagini che dovevano rivelare la verità delle stragi.
Allora, prima domanda che fa il Presidente della Commissione Antimafia, con l’intelligenza di un qualunque cittadino: quando si sbaglia, si ammette la colpa, si chiede scusa e, normalmente, chi deve decidere sostituisce chi non è stato all’altezza. Al contrario, se quelli che apparentemente hanno sbagliato, non solo non sono stati mai sanzionati, ma vengono anche promossi, si capisce che sussiste un problema.
Stessa storia per la mancata cattura di Messina Denaro. Carlo Pulici ha lasciato il suo PC nell’ufficio della Dott.ssa Principato, all’interno del Tribunale di Palermo. In quel PC c’era tutto il materiale d’indagine sulla latitanza di Messina Denaro a partire al 2010. Quando Pulici è stato scagionato con sentenza definitiva da tutte le ignobili accuse che gli sono state mosse, ha cercato di rientrare in possesso di quel PC. Dov’era il PC? Era sparito. Quel PC, che si trovava all’interno dell’ufficio della Dott.ssa Principato, il cui accesso era limitato da porta blindata, le cui chiavi erano nella disponibilità della Dott.ssa Principato e dei custodi del Tribunale di Palermo stesso. Pulici ha denunciato e la Procura di Palermo ha archiviato. Diventa quasi normale che scompaia materiale segretato, oltretutto all’interno tribunale di Palermo, in una sala con accesso limitato da porta blindata.»
La profezia di Salvatore Baiardo
Cosa ne pensa delle parole di Salvatore Baiardo in merito alla cattura di Messina Denaro?
«Non mi piace, non penso che tutto sia casuale e inventato, ma il soggetto non mi piace, così come non mi piace la mediaticità garantita allo stesso. Non mi capacito del fatto che tutt’ora non sia stato convocato dall’autorità giudiziaria.»
Salvatore Baiardo, nella sua prima intervista, affermava che la cattura di Messina Denaro sarebbe stata successiva ad un regalo sull’ergastolo ostativo. Questo scambio tra un principale di Cosa Nostra, ormai a fine vita, ed un provvedimento che le mafie stavano aspettando da tempo, che sia sull’ergastolo ostativo oppure sul tanto discusso 41bis, è credibile o è una storia semplicistica?
«Il 41 bis è un regime detentivo pensato da Giovanni Falcone per impedire le comunicazioni. La forza delle organizzazioni mafiose è data dalla capacità di comunicazione e relazione. Se riesci a troncare le comunicazioni, indebolisci l’organizzazione mafiosa.»
Il 41bis è un istituto che deve essere tenuto o, secondo lei, dovrebbe essere modificato?
«Deve essere conservato, ma deve essere deflazionato: abbiamo troppi detenuti al 41 bis. Per Falcone il 41bis era il regime detentivo da riservare ai capi delle organizzazioni mafiose. Se tu ingigantisci, sporchi e solleciti altre forze sociali e culturali ad intervenire. In uno Stato ideale il carcere non dovrebbe esistere, questa è una filosofia espressa da alcuni filosofi francesi, negli anni ’60. Una struttura carceraria per le sue caratteristiche detentive priva della libertà personale e nega in radice la libertà della persona e della democrazia. Questo dovrebbe essere accompagnato da un percorso intelligente di rieducazione del soggetto.
Il punto è che mafia non è soltanto la mafia militare che uccide, mafia è anche quella cultura che agevola i reati ambientali, gli sversamenti illeciti, accompagnando tutto ciò con il disinvestimento dall’economia circolare, che permette che la cosiddetta materia prima seconda (MPS) venga trattata come rifiuto. Il rifiuto, nella nostra tradizione, o viene bruciato o viene interrato e questo a distanza di anni genera l’insorgenza di malattie neoplastiche. Le organizzazioni mafiose hanno investito per decenni nella sanità privata, perché, come ha dimostrato il capitalismo statunitense Big Pharma, è diventata un’asse fondamentale del profitto. Big Pharma ha capito che, se tu vendi farmaci ai malati ed i malati son pochi, tu vendi pochi farmaci. Se tu riesci intenzionalmente ad aumentare il numero dei malati rendendoli cronici, vendi molti più farmaci.»
La speranza sono i giovani
Secondo lei come si può portare un giovane ad appassionarsi alla cultura antimafia?
«Ci vorranno decenni e decenni per trasformare le mentalità, però, se non si inizia, non si arriverà mai a questo cambiamento. Si può riuscire in questa impresa facendo capire quale sia il senso del dovere, portando nelle scuole, nelle università, nei luoghi di aggregazione giovanile, chi ha perso un congiunto a causa di quelle schifezze, credendo erroneamente nello Stato.»
L’intervista è terminata con saluti d’incoraggiamento reciproci, sperando che questa intervista possa regalare ai lettori tanti spunti di riflessione.