Intolleranza arbitraria: il paradosso di Popper al giorno d’oggi
Al giorno d’oggi si sente spesso parlare del «paradosso della tolleranza», in riferimento a fatti che vanno dalla decisione di Twitter di sospendere l’account del presidente americano Trump, alla censura di vignette satiriche, alla proibizione di divulgare testi come l’Odissea di Omero nelle scuole del Lawrence, Massachussetts, poiché si sostiene rappresenti idee non conformi alle moderne norme di comportamento. La domanda allora è: dove si traccia la linea tra ciò che si può tollerare e ciò che invece non si può ammettere all’interno di società democratiche, dove la libertà di parola e di espressione dovrebbero essere diritti fondamentali? Forse la limitazione della libertà è essa stessa garante di libertà.
Da un punto di vista filosofico, le radici di questa libertà sono da ricercare nell’antico stoicismo greco e romano, dove la coscienza è parente stretta dell’idea stoica di un potere di scelta morale.
Il paradosso della tolleranza è un paradosso filosofico enunciato dal filosofo ed epistemologo austro-britannico Karl Popper ne «La società aperta e i suoi nemici» volume 1 con sottotitolo «Platone autoritario».
Il paradosso della tolleranza è un paradosso che si configura nell’ambito dello studio dei processi decisionali. Esso stabilisce che una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno. La conclusione, apparentemente paradossale, formulata da Popper, consiste nell’osservare che l’intolleranza nei confronti dell’intolleranza stessa sia condizione necessaria per la preservazione della natura tollerante di una società aperta. Una società tollerante, per rimanere tale, non può dunque tollerare gli intolleranti.
Il paradosso formulato da Popper, tuttavia, ha origine da un pensiero sulla libertà da cui nasce il concetto di tolleranza «[…] L’insaziabilità di libertà e la noncuranza del resto non mutano anche questa costituzione e non la preparano a ricorrere fatalmente alla tirannide? Il cosiddetto paradosso della libertà è l’argomento per cui la libertà, nel senso dell’assenza di qualsiasi controllo restrittivo, deve portare a un’enorme restrizione, perché rende i prepotenti liberi di schiavizzare i mansueti». Questa idea, in una forma diversa e con una tendenza del tutto diversa, è chiaramente espressa da Platone nella teoria sull’anaciclosi delle forme di governo esplicata nel dialogo «La Repubblica».
Di qui Popper formula il suo paradosso: «[…]se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni.» Popper, del resto, ha scritto La Società Aperta nel 1945, in un periodo storico che aveva appena visto l’Europa occidentale emergere da decenni di violenza politica, guerra e oscurantismo. La sua preoccupazione era dunque quella di mettere in guardia l’Occidente dal rischio di precipitare nuovamente in una spirale di violenza e odio.
«[…] dovremmo insomma proclamare che ogni movimento che predica l’intolleranza si pone fuori legge e dovremmo considerare come crimini l’incitamento all’intolleranza e alla persecuzione».
Secondo Popper, non bisogna essere tolleranti con chi utilizza la violenza a fini politici né alimentare tali comportamenti, ma censurare filosofie o ideologie che ci sono in qualche modo arbitrariamente sgradite è la «meno saggia delle decisioni». Il paradosso della tolleranza è infatti stato abusato in epoca moderna da molti gruppi «politically correct» per giustificare la censura o l’erroneità arbitraria attribuita a qualsiasi tipo di pensiero che non fosse in linea con il proprio.
Quello che definisce l’intolleranza è solamente l’arbitrio della società o del gruppo che si crede tollerante. Questo apre a prospettive spaventose, perché attraverso questo meccanismo si può legittimare qualsiasi intolleranza e quindi qualsiasi oppressione. La qual cosa dovrebbe far riflettere anche chi si pensa di trovarsi dalla parte dei tolleranti, percezione del tutto soggettiva. Oltretutto la tolleranza e l’intolleranza sono concetti fluidi, ovvero concetti che per avere senso devono avere un oggetto a cui si possa riferire la tolleranza come l’intolleranza e che quindi si prestano a qualsiasi uso.
Non c’è pertanto alcuna garanzia su chi siano effettivamente i tolleranti, ma si può decidere per convenzione e per accordo comune quali siano quelle parole d’odio e di violenza da non legittimare.
In una società democratica forse l’idea di libertà di parola potrebbe dover essere ridefinita per accogliere la crescente intolleranza verso l’intolleranza.
Libertà è anche limitazione della propria opinione se essa mina la democrazia e le libertà altrui.