Isolamento termico di un edificio, come funziona?
Da poco più di un anno, ovvero dall‘entrata in vigore del SuperBonus 110%, molti italiani hanno cominciato a pensare di ristrutturare la propria abitazione, che sia un’unità immobiliare singola o che sia all’interno di un condominio, per migliorarne l’isolamento termico.
Dal rifacimento dell’impianto termico alla posa dell’isolamento esterno, fino alla sostituzione delle finestre, molti sono gli interventi di cui si può usufruire, come abbiamo già spiegato in questo articolo, ma com’è che funziona l’isolamento termico di un edificio? E perché viene chiamato anche «cappotto termico»?
Il compito dell’isolamento termico
Attraverso gli interventi di ristrutturazione si va a migliorare l’efficienza energetica del fabbricato, facendo in modo che l’edificio disperda meno calore possibile e che quindi il suo fabbisogno energetico, soprattutto durante il periodo invernale, sia inferiore rispetto a prima dell’intervento edilizio.
Com’è noto a chi possiede nozioni basilari di fisica, le dispersioni di calore avvengono da un luogo più caldo a un luogo più freddo, fino al raggiungimento dell’equilibrio termico. Meno universalmente noto è lo scopo dell’isolamento termico di un edificio, ovvero di ridurre al minimo queste dispersioni di calore facendo in modo che le unità immobiliari all’interno del fabbricato restino più al caldo possibile, magari evitando anche di tenere sempre acceso il riscaldamento.
Varie tipologie di isolamento
L’isolamento termico dell’edificio può essere composto da differenti materiali, i quali possono variare in base alla zona climatica, alla tipologia di struttura portante e ad altri fattori, ma hanno un punto in comune, isolare l’edificio. Un altro fattore che lo comporta è il cosiddetto «cappotto termico», il quale comprende anche la copertura. Anche gli infissi, seppur in modo inferiore rispetto all’isolamento di un muro, riescono a garantire un buon isolamento all’edificio.
Come viene scelto un isolante termico?
L’isolamento di un materiale è condizionato dalla conducibilità termica, la quale ha il lambda λ come unità di misura. Più un materiale ha un λ basso, maggiori è la sua facoltà isolante. Ad esempio il lambda dell’EPS (Polistirene Espanso Sinterizzato) è circa 0,035 λ, mentre il lambda della fibra di legno è circa 0,05 λ . In generale, tutti i materiali che hanno un λ inferiore a 0,1 si classificano come «isolanti» .
Materiali che invece hanno basse capacità isolanti sono ad esempio il ferro con un lambda di 73 λ o l’acciaio con un lambda di 50 λ. Abbiamo perciò capito che per poter isolare la casa è necessario utilizzare dei materiali isolanti, ma ciò non basta.
Un esempio a due ruote
Per capire quale altro fondamentale principio è necessario per isolare qualsiasi cosa, anche il nostro corpo, ci avvaliamo di un semplice esempio:
É ottobre inoltrato e con la nostra bici stiamo percorrendo un sottopasso. Data la discesa è come se sentissimo l’aria fredda, a causa del moto convettivo, scalfirci il volto. In verità non è l’aria che si muove, a meno che non ci sia anche vento, ma noi che andando veloci ci andiamo a «sbattere» e la sentiamo molto più fredda sul volto rispetto alla sua temperatura reale. Questo perché tra il nostro volto e l’aria non c’è un materiale che garantisca l’isolamento termico. Ciò che invece c’è nel resto del nostro corpo se indossiamo giubbotti, pantaloni e stivali imbottiti.
Quali sono le funzioni del giubbotto? Essere impermeabile per evitare che l’acqua o l’aria entri all’interno, proprio come la funzione che svolge l’intonaco esterno dell’edifico. Un’altra funzione del giubbetto è essere isolante, attraverso l’imbottitura con, ad esempio, piuma d’oca o materiale sintetico. Il mix di questi due elementi fa si che la parte esterna del giubbetto non permetta all’acqua o all’aria di passare, mentre la parte interna mantenga isolato il corpo.
Se non ci fosse lo strato impermeabile all’esterno, l’aria che ci viene addosso, attraverso il suo moto convettivo, raffredderebbe l’imbottitura e poco dopo il nostro corpo. Perciò è fondamentale lo strato esterno impermeabile, poiché attraverso la sua impermeabilità crea uno strato d’aria fermo attaccato al corpo, diminuendo le dispersioni termiche.
É per questo motivo che l’isolamento termico dell’edificio viene chiamato anche «cappotto termico».
Quindi, quale tipo di isolante utilizzare?
Come abbiamo capito da questo esempio, più un materiale permette all’aria al suo interno di muoversi, minore sarà l’efficacia dell’isolamento, seppur il materiale venga classificato come «isolante».
Dati questi presupposti si capisce il motivo per il quale si preferiscono, per l’isolamento dell’edificio, i materiali isolanti detti a «celle chiuse», come l’EPS (Polistirolo). Oltre a essere economici sono composti da piccole bolle contenenti aria ferma. L’aria, in questo modo, non riesce a compiere un moto convettivo che potrebbe portare a una alterazione termica del pacchetto isolante.
Oltre all’EPS, che si utilizza maggiormente per l’isolamento dei prospetti dell’edificio, esistono altri materiali, che con altre caratteristiche tecniche si utilizzano in luoghi più particolari, come al di sotto della platea. Quindi ogni isolante deve essere scelto in base alle caratteristiche che si vogliono soddisfare, come la compressione, la resistenza all’umidità e via dicendo.
Perciò, riassumendo il concetto di isolamento termico, questo si verifica quando un materiale isolante, unito ad uno strato più o meno impermeabile esterno, non permette il passaggio d’aria dall’esterno verso l’interno o viceversa. Ma soprattutto fa si che l’aria non riesca a compiere un moto convettivo al suo interno.
Nato a Padova il 30 Aprile 1997, dove vive.
Ha studiato presso l’Istituto Tecnico per Geometri Belzoni.
Ha frequentando l’Istituto Tecnico Superiore per il Risparmio Energetico ITS-RED Academy
Attualmente lavora come Geometra, esperto in rilievi topografici compiuti con droni e laser scanner.