Italiani ad Amsterdam: perché?
Dalla nostra corrispondente Amsterdam
Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, è una delle città più visitate al mondo. Sebbene conti meno di un milione di abitanti, questa piccola «bomboniera nordica» è una meta richiestissima, tanto da essersi piazzata al sedicesimo posto nella top 25 delle destinazioni mondiali (2016 Travellers’ Choice, Tripadvisor ndr).
Passeggiando per le affollatissime vie attorno a Piazza Dam e al quartiere a luci rosse, che costituiscono il cuore della città, quasi ci si stupisce per la frequenza con cui si sente parlare italiano. Non si tratta, però, solo di turisti che stanno trascorrendo qualche giorno di svago, ma anche di molti, giovani o meno, che qui hanno proprio deciso di trasferirsi. Questi ultimi sono davvero numerosi: basti notare che il solo gruppo Facebook «Italiani ad Amsterdam» vanta ad oggi più di 17mila like e che il resto del web pullula di blog pressoché omonimi dedicati agli expat italiani nella capitale e, più in generale, in Olanda.
Da quando vivo qui, cioè fine gennaio, io stessa ho avuto l’occasione di conoscere moltissimi conterranei. Mi sono spesso interrogata sulle motivazioni dell’enorme successo che questa città riscuote soprattutto su noi italiani: per essere una calamita tale deve offrire di più della splendida architettura nordica che si affaccia sui canali o della marijuana legalizzata.
«Sono da sempre un’amante delle lingue straniere; già verso i dieci anni avevo capito che la mia strada sarebbe stata quella di viaggiare», mi racconta Joana, 23 anni, originaria delle Marche. «Dopo essermi laureata in Mediazione linguistica, ho provato a cercare lavoro in Italia ma, nonostante molti tentativi, non ho trovatonulla che fosse in linea con quanto avevo studiato, neppure lontanamente. Essendo capace di parlare quattro lingue, sapevo di potere dare e fare tanto, molto di più di quello che mi offrivano nel nostro paese: questo è il motivo principale per cui ho deciso di trasferirmi all’estero, per dare l’impulso a una carriera che altrimenti non si sarebbe mai potuta avviare». «E perché proprio Amsterdam?» chiedo io. «Inizialmente avevo pensato a Londra», confessa lei, «ma poi, dopo essermi informata e aver raccolto dei pareri al riguardo, mi sono orientata verso questa città. Qui è tutto a portata di mano: Amsterdam è tranquilla ma, allo stesso tempo, ricchissima di cose da fare e vedere». «Sei felice della tua scelta?» «Mi sono trasferita qui a gennaio e devo ammettere che, finora, la realtà ha di gran lunga superato le aspettative. Vivo in centro, ho un bel lavoro e nei giorni off mi godo la città».
Le ragioni del trasferimento di Manuel, trentenne anconetano, sono invece diverse: «Ho scelto l’Olanda perché non ci ero mai stato, posso dire per puro e semplice caso. Ho parlato con un amico che mi ha raccontato grandi cose di Amsterdam: sono partito quasi per curiosità, non m’interessava se ci fossero tanti italiani o meno». Anch’egli, però, mi fa notare la staticità, se vogliamo la piattezza del nostro paese: «Facevo un lavoro che non mi piaceva. Mi sono dato molto da fare per aprire un’attività, ma non avevo nessuno stimolo. Non parlo del posto in cui vivevo, cioè Ancona, perché la mia città mi piace molto, ma proprio dell’Italia nel suo complesso, delle leggi dello Stato». Con gli occhi lucidi afferma: «Ad Ancona ho lasciato la mia famiglia, ma la mancanza di possibilità di crescita sociale e lavorativa mi ha spinto a fare questo passo. Era un peso troppo grande. Ora vivo nei pressi di Amsterdam da quasi un anno; si sta molto bene qui, non mi pento affatto della mia scelta».
Avendo ascoltato le opinioni di questi ragazzi e vivendola io stessa in prima persona, mi sono convinta che Amsterdam, e l’Olanda in generale, rappresentano molto più di tolleranza alla cannabis e donne in vetrina. Questa nazione è un’opportunità ad ogni angolo, è serietà e speranza. È futuro.
Laureata in Economia dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, frequento la magistrale in Marketing e Mercati Globali all’Università di Milano-Bicocca. Innamorata della cultura, nel mio piccolo cerco di diffonderla il più possibile.