Medicina: in Italia è ancora permesso l’elettroshock

Lo sapevate che in Italia la pratica dell’elettroshock è ancora legalmente in uso? Ebbene sì. Scioccante.
È utile partire con un paio di cenni storici per chiarirsi le idee. Fine 1920: lo psichiatra viennese Manfred Sakel, dopo aver indotto il coma in un paziente, gli inietta dosi massicce di insulina causandone convulsioni (reazione ipoglicemica). Nel 1934 lo psichiatra ungherese Ladislaus Joseph Von Medusa sperimenta lo shock convulsivante iniettando una mistura di canfora e olio d’oliva (metronidazolo). Le convulsioni sono ingestibili (causano fratture ossee nel paziente) e il metodo viene scartato. Nel 1930 lo psichiatra italiano Ugo Cerletti pratica esperimenti sui cani di trattamenti di elettroshock, senza successo; otto anni dopo, dall’osservazione di pratiche elettroconvulsivanti che avvenivano in un macello suino di Roma, inizia la sua sperimentazione sulla Tec (Terapia Elettroconvulsivante) egli stesso sui maiali. La sperimentazione passò sull’uomo, utilizzato per la prima volta su un carcerato non consenziente. Uno studente universitario di Cerletti, lo psichiatra tedesco Lothar B. Kalinowsky, sviluppò il suo apparecchio elettroconvulsivante e ciò ne allargò, già nel 1940, il suo utilizzo a livello mondiale.
In Italia l’utilizzo della Tec, nonostante il suo indirizzo sia stato abolito in alcuni Stati, è ancora in uso e regolamentato dalla circolare del Ministero della Salute del 15 Febbraio 1999.
Esistono 10 strutture in tutta Italia dove è possibile sottoporsi alla Tec, di cui metà è controllata dal Ssn e metà è gestita da enti privati. Su scala europea tale servizio è nettamente inferiore al numero di strutture presenti in altri Paesi (UK: 160; GER:159). Il decreto sentenzia che la Tec può essere somministrata in «episodi depressivi gravi con sintomi psicotici e rallentamento psicomotorio», solamente dopo aver ottenuto un consenso informato scritto, siglato dal paziente o da chi ne fa le veci se egli non è in grado di intendere e/o volere.
Un’ulteriore clausola del documento testimonia l’effettiva efficacia della pratica. Uno dei danni collaterali dell’elettroshock maggiormente riscontrato è la perdita di memoria, spesso accompagnata dalla completa perdita di orientamento spazio-temporale e da afasia. Il decreto del Ministero dichiara che tali danni collaterali non siano permanenti e che i sintomi scompaiano dopo circa 6 mesi.
Peccato che nel 2001 la Columbia University abbia riportato uno studio sulla Tec secondo il quale utilizzando questo trattamento per curare casi di depressione ha riportato più della metà dei pazienti che vi erano stati sottoposti a ricadute nell’arco dei 6 mesi. In Italia, dal 2008 al 2010, 1406 persone sono state sottoposte a Terapia elettroconvulsivante. Le strutture ospedaliere che hanno eseguito almeno una Tec sono state circa 90, i soggetti dei trattamenti riguardavano 821 donne e 585 uomini di fascia d’età compresa tra i 40 e i 47 anni.
Siamo realmente sicuri che tale pratica sia efficace, quando negli Usa muoiono circa 300 persone l’anno a causa di trattamenti elettroconvulsivanti?