Saggio: l’ontologia aperta di Jean-Luc Nancy

Nudità del senso, nudità del mondo
Salvatore Piromalli
il Poligrafo – 2012 – 23 euro

nancyJean-Luc Nancy, filosofo francese classe 1940, può essere universalmente considerato tra i pochi «classici viventi» della filosofia contemporanea: insieme a lui personalità come Lévinas e Foucault. Piromalli, dottore di ricerca all’Università di Verona, in questo volume cerca di intraprendere un percorso volto a esplorare in particolare la concezione ontologica di Nancy: il pensiero di quest’ultimo è animato da una tensione interna tale da originare tutto il resto.Il primo merito dell’Autore sta nel suo essere comprensibile: Piromalli è riuscito a rendere accessibile quasi a chiunque un saggio che nessuno si sarebbe scandalizzato se fosse stato diretto solo agli addetti ai lavori. Senza cadere nel didascalismo, riesce a far appassionare il lettore al pensiero del filosofo francese, impresa non da tutti.
Di tutta l’opera di decostruzione di Nancy, viene qui presa in considerazione soprattutto la parte ontologica: a partire dalla premessa che consiste nel Soggetto cartesiano che si rivela solo una finzione costitutiva, inizia il viaggio all’interno della sua concezione del mondo: da una parte visto come partizione di voci, dall’altra mostrato da una prospettiva assolutamente materialistica e corporea. Il primo punto di vista si concentra sulla concezione dell’individuo, della «singolarità», come parte «partecipante» del tutto, in una mondiale adorazione dell’essere. Il secondo invece evidenzia i fattori di contatto e di commozione dei corpi: questi stanno nel mondo completamente esposti e nudi, da qui il titolo del volume.
Nancy, autore di una monumentale decostruzione del cristianesimo, lega indissolubilmente ontologia ed estetica: l’Essere è ente fra gli enti, in una disposizione reticolare della pluralità dei corpi, e quindi viene demolito il primato dell’Essere sugli enti a favore dell’Essere Singolare Plurale. A sfidare per prima tale primato è stata l’arte: l’artista crea opere che si sostituiscono a lui, opere generate ex novo come cose tecniche, artifici. Le opere d’arte, proprio in virtù della loro innegabile esistenza e della loro essenza di «cose create», non possono che smentire il Creatore e ogni principio di produzione unico e irripetibile, come può essere quello biblico. Dio non è più il solo autore di cose nuove, visto che tale processo è operato quotidianamente dagli artisti. L’estetica allora diventa il mezzo attraverso cui la filosofia comprende il reale nella sua molteplicità. Il pensiero delle technai da divino diviene interamente umano: è l’uomo a creare opere d’arte, è sempre lui a produrre cose nuove, ed è quindi a lui medesimo che spetta il titolo di «Creatore».