Jobs Act: si condona il lavoro in nero
[dropcap]C[/dropcap]on il Jobs Act ci sarà più lavoro per tutti, anche in nero. Infatti grazie ad un provvedimento sulla semplificazione che sembra scritto sotto dettatura delle associazioni imprenditoriali, e ora al vaglio delle Camere, il lavoro nero si potrà condonare. Basta con le regole troppo punitive che portavano alla sospensione dell’attività dell’imprenditore «furbetto» fino alla regolarizzazione del lavoratore, ma un semplice invito a sanare l’illecito. Quindi, rispetto ad un’emergenza nazionale com’è sempre stato il lavoro nero, specie in alcune regioni e in alcuni settori, invece di agire finalmente con severità si risponde con una spinta deregolativa. La nuova norma prevede la procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate, subordinata al mantenimento al lavoro del personale in nero per almeno tre mesi (e dopo?), garantendo un’ immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita. Inoltre, gli importi sanzionatori sono previsti «per fasce», anziché legati alla singola giornata di lavoro irregolare. Altra modifica grave introdotta dal provvedimento è l’eliminazione dell’obbligo, nell’ambito dei cantieri edili, di munire il personale occupato di apposito «cartellino» di riconoscimento. In un paese in cui le aziende edili subiscono in media un’ispezione ogni 15 anni, eliminare anche il deterrente della sospensione dell’attività è un chiaro incentivo all’utilizzo del lavoro nero e irregolare.
Il ministro del Lavoro Poletti, chiamato in causa, minimizza, sostenendo che i nuovi provvedimenti del governo siano stati male interpretati perché in realtà le maxi-sanzioni sul lavoro nero resterebbero confermate e verrebbero introdotti degli «scaglioni» commisurati ai giorni di durata della violazione, per individuare con assoluta certezza l’effettiva durata del comportamento da sanzionare. Sulla questione del cartellino il ministro si è detto «sorpreso» assicurando che avrebbe subito controllato e, eventualmente, modificato la norma. Il ministero con una nota sembra però smentirlo, puntualizzando anche che l’attività dell’azienda non verrà sospesa se si mette in regola pagando almeno il 25% della sanzione e rateizzando il resto. Una disposizione, sottolinea la nota ministeriale, voluta «anche a seguito del tragico evento del suicidio del panettiere di Casalnuovo determinato dall’impossibilità di disporre subito dei 2.000 euro della sanzione economica». Ma, a proposito di panettieri, non sarebbe male che il ministero e il governo si ricordassero anche di Daniele Villa, il padovano di 44 anni stroncato da un aneurisma lo scorso dicembre nel panificio dove lavorava in nero e messo in regola dal suo datore di lavoro cinque ore dopo la morte.
A quando detto sopra vanno ulteriormente aggiunti la riduzione della cassa integrazione a 24 mesi e la cancellazione di quella per «cessazione», il mantenimento delle numerose tipologie contrattuali e la misura del «demansionamento organizzativo» che produrrà effetti rilevanti nei posti di lavoro con effetti anche sulla retribuzione in presenza di «trattamenti accessori legati a specifiche modalità di svolgimento del lavoro» che saranno quelle prese maggiormente di mira. Insomma, i provvedimenti applicativi del Jobs Act purtroppo non fanno che confermare i timori che già avevamo già espresso sulla riduzione dei diritti e delle tutele dei lavoratori con un evidente spostamento del baricentro degli interventi a favore dell’impresa.
E questo sarebbe un governo di Sinistra? Cos’è, una barzelletta? Neanche Berlusconi era a questi livelli, con questa nonchalance, con questo cieco consenso