Sibyl von der Schulenburg – La porta dei morti

La porta dei morti
Sibyl von der Schulenburg
Il Prato edizioni – 2015 – 10 euro

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«Cosa deve avere un’opera per essere “letteratura”?». Questo è uno degli interrogativi che animano le serate dei docenti universitari e anche di chi, come noi, si occupa di «giudicare» un libro, con tutti i limiti che questa operazione si porta dietro di sé. Bene, possiamo dire che in questo caso porsi la suddetta domanda conduce ad una risposta quasi tautologica nella sua ovvietà: La porta dei morti non ha nulla a che vedere con la letteratura. Si tratta di un romanzo che non si può etichettare, ne è consapevole anche l’autrice che per questo motivo ha inventato il genere dello «psicoromanzo», forse per potersi fregiare del titolo di pioniera di qualcosa di nuovo. La porta dei morti è la storia di Giulia, malata di disposofobia, disturbo mentale che porta l’individuo ad accaparrarsi beni senza una ragione. La protagonista sfoga la propria patologia sui cani. Lo stile di Sibyl von der Schulenburg, secondo quanto scritto in quarta di copertina, dovrebbe essere caratterizzato da «fluidità, ritmo serrato, rinuncia a fronzoli linguistici e sapiente utilizzo del potere evocativo delle parole», a noi è sembrato solo una noia mortale: un’aggettivazione portata all’esasperato eccesso, dialoghi banali che non portano da nessuna parte, l’utilizzo di perifrasi che può anche denotare una scarsità di lessico. La porta dei morti è uno di quei casi in cui si assiste all’aborto di una bella idea.
Piccola nota ai curatori del libro: la “e” accentata maiuscola non si scrive utilizzando l’apostrofo (“E’”) quando esiste un carattere tipografico apposito (“È”).

 

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