La politica, mestiere senza responsabilità
Facciamo un salto indietro di circa quattro secoli e cerchiamo di immaginarci l’Inghilterra che cerca di essere una monarchia parlamentare. Qual è la differenza principale sul piano politico fra il sovrano e il ministro? Quest’ultimo è responsabile, il primo no. In questo caso il termine responsabile e il sostantivo responsabilità assumono un’accezione lievemente diversa — nonché primaria sul piano temporale — da quella comune: rimanendo nel Seicento inglese il ministro è tenuto a rispondere del proprio operato ai cittadini, mentre il re deve rendere conto solamente a se stesso.
Torniamo a noi. Su questa corrispondenza, quella sorta di promessa che il politico fa al momento dell’elezione o della nomina — e spesso per giungere a esse —, si basa il rapporto fiduciario che intercorre o dovrebbe intercorrere fra elettori ed eletti, fra cittadini e politici. Tralasciamo ogni questione legata all’irresponsabilità dei parlamentari nello svolgimento delle loro funzioni: l’omonimia potrebbe trarre in inganno, ma si tratta di due discorsi molto diversi fra loro.
L’evidente scarto sempre più grande fra cittadini e politica è dovuto all’impressione, troppo spesso corroborata dai fatti, che il comune individuo non possa fare nulla per cambiare le cose, mentre l’eletto possa tutto, senza rendere conto a nessuno. Se quest’ultimo elemento è necessario per garantire al politico la libertà d’azione necessaria per il raggiungimento dei propri obiettivi, esso diventa un fattore deleterio se affidato a individui senza alcuna morale e privi di qualunque senso dell’onore, capaci di affermare qualunque cosa per essere eletti, salvo poi fare tutt’altro quando il potere si trova nelle loro mani. Il popolo, anziché lamentarsi di questo, è schiavo di questo sistema, che associa ormai alla normalità e per questo motivo non riesce né desidera uscirne.
Si tratta di un circolo vizioso da cui è difficile tirarsi fuori: il potere continua imperterrito a infierire sui cittadini, irresponsabilmente, senza rendere conto a nessuno. Non si tratta di riesumare frasi fatte abusate come «Siamo i loro datori di lavoro», stiamo bensì denunciando la perdita di una qualunque spinta al rispetto delle promesse fatte. Promettere significa fare affidamento sul nulla: il passato non ritorna a essere futuro, perciò affermare qualcosa che dovrebbe avvenire nel futuro significa, almeno teoricamente, essere consapevoli che potranno esserci mille imprevedibili ostacoli, ma essere altresì disposti a superarli uno dopo l’altro affinché la promessa venga mantenuta. Questa assenza di qualunque rispetto per le promesse, che in altri tempi erano viste come espressione di senso dell’onore e di rispetto nei confronti del prossimo, è purtroppo parte integrante della politica, che diviene così il mestiere dell’irresponsabilità.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia