La Redazione per Charlie Hebdo
Le immagini dell’orrore dell’attacco al giornale francese Charlie Hebdo hanno risvegliato in me il senso di precarietà che ha accompagnato buona parte della mia vita, scandita dapprima dalle stragi neofasciste in banche e treni, poi dagli omicidi e dalle gambizzazioni quotidiani del terrorismo «rosso», dagli autobus in fiamme per le strade, dalla celere nelle piazze e fuori dal liceo e di nuovo dal terribile attentato di matrice «nera» alla stazione di Bologna. E poi ancora stazioni, deserte, ai tempi della prima guerra del Golfo, avanti fino all’11 settembre. Dopo qualche anno di tregua ecco, di nuovo quella sensazione di non essere al sicuro. Ma è stato un attimo, è già passato: la vita va avanti, abbiamo il dovere di essere coraggiosi, nessuno ci deve fermare, nemmeno Al Qaeda, l’Isis o chiunque ci sia dietro gli assassini di Parigi. Sperando che chi di dovere vegli sulle nostre vite e con un pensiero alle 12 povere vittime innocenti.
Zigulì
Satira e provocazione. Charlie Hebdo non ha mai lesinato nessuna delle due. Più di mezzo secolo passato pericolosamente sul filo del rasoio mettendo il dito nelle piaghe più spinose francesi e internazionali. Non sono nella posizione di condannare o di fare apologia, non sono nella posizione per dire che la testata si è andata a cercare la propria fine (anche se non era la prima volta che finiva vittima di un attentato). Sicuramente una cosa posso dire, ci sono stati atti violenti che non si potranno mai sostituire ai mezzi legali per censurare le opinioni (giuste o sbagliate che fossero) della redazione. Ma non vorrei nemmeno che questo episodio portasse a un’ondata di odio religiosa.
Milica Karayuškij
La forchetta si ferma a mezz’aria, le palpebre smettono di muoversi, inizio a tremare. In tutto 12 morti: otto giornalisti (Charb, Cabu, Wolinski, Tignous, Honoré, Bernard Maris, Moustapha Ourrad e Michel Renaud, quel giorno ospite nella redazione), due poliziotti, un’agente di sicurezza e il portiere, colui che purtroppo ha visto per primo i tre terroristi. Un giorno come tanti che si è trasformato in un incubo, in cui delle vite si sono spente mentre facevano il proprio lavoro e che i loro familiari e amici non rivedranno mai più. Il giornale satirico di Charlie Hebdo aveva già ricevuto delle minacce, ma la redazione ha continuato nel proprio lavoro di libera informazione. I loro ideali e la loro determinazione erano più forti di qualsiasi minaccia e questo li rende degli eroi. Non hanno avuto paura. Sapevano che quello che facevano era giusto. Sono poche le persone che credono davvero in quello che fanno e non mollano alla prima difficoltà. Ancora meno sono le persone così coraggiose, che rischiano la vita per gli altri. Mi unisco nel dolore per la loro morte e per la morte di tutti coloro che avevano un sogno, ma il cui prezzo era troppo caro. Piango da sognatrice, da figlia, da possibile futura moglie, da aspirante giornalista. Piango per tutto questo male gratuito, pregando che non si ripeta.
Azzurra DB
Mercoledì, riunione di redazione, il giorno perfetto per colpire. Diamo per scontata la libertà di stampa, in particolar modo leggendo i commenti sui vari siti web. Qualcuno ha pensato che ce ne fosse un po’ troppa e ha cercato di trovare una soluzione estrema. Questo qualcuno è l’estremismo islamico, molto probabilmente. L’estremismo è sempre una cosa pericolosa, fa perdere il vero senso delle cose. Mi piacerebbe soffermarmi sulla frase «Le vittime di oggi sono i nostri eroi» Siamo pieni di eroi, oggi. Tutti morti.
Cecilia Alfier
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L’ha ribloggato su La mente innamorata.