La scoperta che ha fatto vincere il Nobel alle scienziate Charpentier e Doudna
La genetica e le innovazioni che à essa attengono hanno sempre caratterizzato e allo stesso condizionato molti dibattiti. Soprattutto, si disquisisce su un fatto: tutto questo è etico?
Su questo blog ci eravamo posti subito il quesito quando emerse nel marzo del 2017 che dei ricercatori cinesi avevano modificato alcuni embrioni. L’obiettivo era quello di correggere alcune mutazioni tramite la tecnica dell’editing genetico.
La particolare tecnica in questione è denominata Crispr, ovvero Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, una metodologia in grado di sostituire pezzi di Dna.
Questa tecnologia è figlia dell’ingegneria genetica e fa parte di una branca di competenze piuttosto recenti che risalgono solamente al 1969.
Il funzionamento è sempre lo stesso affrontato nel 2017 e riguarda l’abilità di manipolare il Dna degli eucarioti.
Il sistema non è nuovo, però, anzi. È stato sviluppato prendendo ispirazione dai batteri, che sono in grado di rimuovere tramite il meccanismo Crispr i virus e i patogeni che hanno intaccato il loro patrimonio genetico. Il virus viene registrato e copiato sotto forma di DNA spaziatore, per poter poi essere intercettato in seguito.
La registrazione sarà utile quando il virus attaccherà di nuovo il batterio. Quest’ultimo, infatti, dopo averlo riconosciuto, sarà in grado di tagliare e gettare i filamenti del patogeno grazie ad una proteina denominata CAS-9. Il risultato è eccezionale: il batterio è totalmente libero dal virus.
Dunque, perché la notizia ha fatto scalpore nuovamente in modo così prorompente quando in realtà era «vecchia»?
Questa è riemersa dopo che le scienziate che hanno scoperto Crispr-CAS) hanno vinto il Nobel per la chimica 2020. Il loro metodo è quello di aver reso questo sistema molto più semplice, veloce ed economico.
Le due scienziate sono Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna. La prima è una biologa e microbiologa di origine francese che lavora in un gruppo di ricerca dell’università svedese Umeå Universitet, mentre la Doudna è una chimica e biochimica statunitense che insegna presso l’università californiana UC Berkeley.
Perché, allora, questo Nobel si è fatto attendere così tanto?
Il motivo è semplice, ma non scontato. Questo sistema, essendo già presente naturalmente nei batteri, non è brevettabile e per questo era necessaria un’applicazione pratica.
Inoltre, quando le due scienziate si sono decise a depositare il brevetto, hanno incontrato un problema: questo era già stato chiesto e ottenuto da parte di Feng Zhang del MIT di Boston.
Fortunatamente, il brevetto è stato revocato nel 16 gennaio 2020 e il premio è stato conferito alle «vere madri» della tecnica e cioè a coloro che lo hanno scoperto per prime.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.