La storia del Covid- Hospital in Fiera a Milano: si poteva evitare?

Era il 17 marzo e Emanuele Monti, Presidente della Commissione Sanità e Politiche sociali in Lombardia ha dichiarato a riguardo del nuovo Covid-Hospital in Fiera a Milano: «Il progetto migliore è quello della Fiera, sotto ogni punto di vista. È la soluzione più economica e veloce, inoltre la Fiera è collegata al meglio con tutte le principali vie di comunicazione».

Il Presidente Fontana il giorno dell’inaugurazione, il 31 marzo, ha affermato: «Secondo il mio parere potrà diventare un punto di riferimento per la rianimazione di tutto il nostro paese. Il Governo ha già detto di voler riprodurre quello che abbiamo fatto in Fiera al Centro e a Sud Italia», dopo di che ha ringraziato i 1.200 benefattori che hanno permesso che quest’opera fosse «più economica» rispetto alle altre ipotesi grazie alle donazioni da 10 euro fino a 10 milioni di euro.


Il 14 aprile l’assessore al Welfare Gallera, durante la conferenza Stampa giornaliera, si è così espresso: «L’ospedale fortunatamente non è servito a ricoverare centinaia e centinaia di persone in terapia intensiva, e di questo siamo contenti poiché vuol dire che oggi c’è un bisogno sanitario inferiore». È solo che un bene che i posti letto non siano serviti a ricoverare le persone, ma sapere che al 14 aprile erano solo 10 i pazienti presenti su 53 posti letto, di un progetto che ne prevedeva 400, per un costo di allora 21 milioni di euro, significa aver speso 2. 115.300 € a posto letto.

Ad avallare la tesi che il Covid- Hospital non dovesse essere costruito in Fiera è anche Giuseppe Bruschi, il dirigente medico di primo livello nel reparto di Cardiochirurgia  dell’ospedale Niguarda: «Che dispiacere. Sono medico, sono lombardo, oggi però con l’inaugurazione dello pseudo-ospedale in fiera mi sento triste. Una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre strutture complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un ospedale. L’idea quindi di creare dei posti letto slegati da questa realtà, senza entrare nel merito di quanti siano adesso, mi sembra assurda. Sarebbe stato più logico spendere le energie e le donazioni raccolte per ristrutturare e riportare in vita alcuni dei padiglioni abbandonati degli ospedali lombardi. Quanto creato sarebbe rimasto in dotazione della sanità lombarda all’interno di un ospedale funzionante».

Il 13 maggio scorso il Direttore della Rianimazione del policlinico di Milano Antonio Pesenti ha così parlato: «Il numero di ricoverati in terapia intensiva sta scendendo di giorno in giorno, Penso che a breve chiuderemo l’attività della Fiera se le cose vanno avanti così», proprio a causa dei soli 5 posti letti occupati. Le attuali direttive del Governo prevedono che le regioni abbiano una scorta di posti in terapia intensiva, anche per un eventuale aumento dei contagi nel prossimo autunno, quindi potrebbe restare in piedi. La regione Lombardia intanto dichiara che sia per l’ospedale in Fiera che per le altre strutture sanitarie impegnate per contrastare il virus, non è stata presa ancora decisione.

Intanto la Procura di Milano, attraverso un fascicolo aperto dal Procuratore Maurizio Romanelli, del Dipartimento di contrasto ai reati nella Pubblica Amministrazione, sta indagando sull’opera in seguito ad un esposto dell’Adl Cobas. L’apertura dell’indagine è avvenuta in seguito dell’esposto e attualmente non ha ancora alcun indagato. Nella denuncia del sindacato si fa presente che l’opera «presenta delle criticità già dal giorno successivo alla decisione di pubblicizzazione da parte di Regione Lombardia della Fondazione Fiera Milano per la lotta al Coronavirus».

Per adesso non è ancora chiaro il futuro dell’«Astronave», come denominata da Bertolaso, ma di sicuro risultano molti dubbi sull’efficacia della stessa.