L’abbandono, la morte o il crowdfunding: i disperati tentativi del cittadino medio americano
In tempi di emergenza sanitaria globale, mentre l’Italia affronta la crisi trincerandosi presso le mura delle aziende ospedaliere pubbliche, gli Stati Uniti d’America, organizzati con un sistema sanitario privato, sono già strozzati da una spesa sanitaria personale pari a un quinto delle spese totali, che induce ogni anno circa il 26% dei cittadini a non sottoporsi a visite mediche private ed ospedaliere. Le rassicuranti parole del Presidente Trump, che invitano il popolo americano a curare i sintomi con i congegnati metodi casalinghi, a dedicarsi al lavoro e al profitto, non rinunciando alle quotidiane attività lavorative, e che celebrano il momento storico presente quale occasione di unione nazionale nell’esercizio di una politica economica fortemente protezionistica, si scontrano, tuttavia, con le paure degli americani, terrorizzati dall’idea di venir contagiati da una malattia che potrebbe prosciugare i risparmi di una vita.
Ma nel XXI secolo cosa significa esser malato in America? Le storie che stiamo per raccontarvi ci aiuteranno a comprenderlo.
Gennaio, 2018. Una ragazza afroamericana di 22 anni, con indosso una camicia bianca e dei calzini sgualciti, si aggira per le vie notturne e gelide di Baltimora, ma a fatica riesce a trascinare le proprie gambe. Imanu Baraka, uno psicoterapeuta che casualmente si trova ad assistere alla disperazione della giovane, decide di registrare l’episodio in un video di denuncia e di testimonianza. La giovane donna, in evidente stato di confusione, è affetta, infatti, da gravi disturbi mentali, ma è stata dimessa dal Maryland Medical Center e scaricata dai portantini sulla strada, perché non dotata di un’adeguata copertura medico-assicurativa, sebbene una legge federale del 1986 proibisca ad ogni pronto soccorso ospedaliero di negare cure ai pazienti non paganti. Nelle sue stesse condizioni vivono ogni giorno negli Stati Uniti d’America 28 milioni di persone, le quali, non sono assistite né da un’assicurazione sanitaria privata, né tanto meno dalle residuali forme pubbliche di sostegno, Medicare e Medicaid, finanziate dal governo degli Stati Uniti, ma gestiti indipendentemente su base volontaria dai governi statali, per garantire prestazioni sanitarie coperte dallo Stato agli over 65, ai disabili e agli individui rientranti in determinate fasce di reddito. La permanenza e la continuità di questi due programmi di assicurazione medica, introdotti dal presidente Lyndon B. Johnson nel lontano 1965, potenziati da Barack Obama nel 2010 con un ampliamento dei soggetti protetti secondo il criterio reddituale, sono state, tuttavia, duramente poste in pericolo nel 2017 dal governo Trump, con due infausti tentativi di abrogazione dell’Obamacare, tempestivamente fermati dai rappresentanti repubblicani del Congresso e dalle preoccupazioni delle compagnie assicurative, difficilmente favorevoli ad una revisione dei negoziati.
Marzo, 2017. Claudia Koziner e Darren Masucci, entrambi percettori di un reddito mensile, possono usufruire, come il 60% dei cittadini statunitensi, dell’assicurazione sanitaria fornita dal propri datori di lavoro, ma la grave patologia di Isabella, la loro bambina di soli 2 anni, ossia un tumore cerebrale grande come una palla di golf e da trattare urgentemente con un intervento chirurgico associato a sedute di chemioterapia e di radioterapia, implica dei costi che fuoriescono immancabilmente dal massimale assicurativo. I nonni in pensione si offrono, allora, di vendere la loro casa, ma i genitori pensano piuttosto di affidarsi ad un metodo alternativo, il crowdfunding, la pratica digitale di microfinanziamento dal basso nata sul finire degli anni’90 per assistere cantanti e musicisti di successo, sviluppatasi nei primi anni 2000 come mezzo di raccolta fondi per vacanze, matrimoni e liete cerimonie, ma sempre più marcatamente caratterizzatasi, a partire dalla crisi economica del 2008, come tecnica di procacciamento di risorse dinanzi a imprevedibili emergenze sanitarie. I soggetti coinvolti in crisi finanziarie personali dovute ad onerosi trattamenti sanitari vengono, dunque, intercettati dall’azienda GoFundMe, che, leader del settore, ha raccolto in un decennio per i propri clienti oltre 5 miliardi di dollari. I bisognosi di cure vengono trasformati in fundraisers, ricercatori di fondi che espongono all’universo del web i dettagli più commoventi della propria vita privata, al fine di suscitare empatia e compassione presso il cuore dei potenziali donatori. La commercializzazione della malattia che converte i pazienti in prodotti presuppone, tuttavia, che per acquisire efficacia sia presente alla base una storia con promesse di lieto fine, un gruppo nutrito di finanziatori benestanti capaci di entrare in contatto con soggetti disposti a trasferire denaro, sicché, come ricavato dagli studiosi dell’American University of Washington solo un paziente su 10 riesce a raggiungere il proprio obiettivo. Una fulminante occasione di insuccesso ha colpito Shane Patrick Boyle, il cittadino americano di 48 anni e diabetico, che, pur avviando una campagna nel febbraio del 2017, è morto nelle settimane successive, perché non è stato in grado di ricavare 50 dollari, il costo dell’insulina.
Queste sono le vittime di uno Stato che nella solenne Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776 ha invocato il diritto alla Vita, alla Libertà e al perseguimento della felicità, ma che mai si è preposto di offrire un sistema sanitario universale.
Riusciranno gli eventi contemporanei a mantenere intatto i mantra del neoliberismo?
Classe 2000, figlia del XXI secolo e delle sue contraddizioni. Ho conseguito la maturità presso il Liceo Classico Eschilo di Gela e frequento la facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Trento