L’anno nero del turismo
Durante i festeggiamenti pasquali più sottotono di sempre, Ursula Von der Leyen ha regalato un uovo dal sapore particolarmente amaro per una buona fetta di lavoratori e imprenditori concentrati nei Paesi del Sud Europa, Italia in testa. Parlando alla Bild, la Presidente è stata estremamente chiara con i concittadini: non programmate le vacanze estive. Nonostante si siano levate quasi istantaneamente voci di protesta e accostamenti alla celeberrima uscita di Cristine Lagarde in quanto a inopportunità, questa volta l’indicazione era ampiamente prevedibile. Il turismo in tutte le sue forme è senza ombra di dubbio il più immediato e capillare veicolo di contagio, come dimostra il caso Diamond Princess, prima vera avvisaglia della portata pandemica di Covid-19. Inutile lamentarsi, inutile sperare, inutile spendere buone parole e inneggiare a miracoli, sole, mare e chiappe chiare.
Sebbene la fine prevista dei vari lockdown dovrebbe coincidere con la bella stagione, i contraccolpi della pandemia non si limitano ai soli impedimenti oggettivi. La scelta della meta per le vacanze si basa sulle attrattive che essa può presentare, sulla reputazione e solidità degli impianti e dei servizi offerti in loco, sul budget a disposizione, ma anche e soprattutto sul senso di fiducia e sicurezza soggettivamente percepito. La possibilità di ricreare dei focolai di Coronavirus o di donare nuova linfa virale a quelli che la prossima estate saranno in via di estinzione è una condanna senza appello per tutte le zone colpite. Prima della seconda metà del 2021, a vaccino trovato e diffuso, difficilmente vi sarà un ritorno alla normalità negli spostamenti non vincolati a esigenze lavorative.
Nonostante aiuti e incentivi al settore siano stati avallati e stanziati in tutta Europa, lo scenario generale è di rassegnazione a perdere quasi un intero anno di indotto anche nel caso in cui riparta il turismo di prossimità verso fine estate, in quanto assai difficilmente le ferie verranno assegnate massivamente come negli anni passati. Inoltre, la generale cancellazione di fiere, festival ed eventi culturali sarà un altro elemento di forte riduzione degli arrivi. Ancor peggiori diventano le prospettive se si considera che il 50% dei viaggiatori solitamente più propensi a spendere è composto da stranieri, di cui il 79% europei, con in testa proprio i tedeschi invitati da Von der Leyen a restare in patria (27%). Il 21% extraeuropeo, principalmente composto da russi, americani e cinesi, meglio dimenticarlo per un tempo ancora più lungo. Tale presenza massiva era stata vitale per superare la crisi del 2008 e il conseguente calo drastico del turismo interno, mantenendo intatte prospettive di crescita e posti di lavoro nel corso del quinquennio successivo e stimolando le imprese turistiche a internazionalizzarsi velocemente e con ottimi risultati in termini qualitativi.
D’altro canto, gli scenari aperti dalla crisi in atto porteranno tanto gli operatori quanto i turisti stessi a ripensare positivamente il modo in cui si viaggia e soggiorna, sia incidendo positivamente su una serie di norme igieniche e di buon costume, che riportando in auge le strutture specializzate e certificate (per quanto semplici e low cost) a scapito di quella linea grigia facente capo a OTA come Airbnb, che permette a chiunque abbia una stanza extra o un appartamento sfitto di divenire una sorta di albergo fantasma, sfruttando un grave vuoto legislativo in materia.
Così, tra ombrelloni circondati da barriere di plexiglass e strutture che cureranno più le pubbliche relazioni e i social media che gli sparuti ospiti, uno dei settori più floridi dell’economia italiana (5,5% del PIL e 6% di occupati diretti, che salgono attorno al 10% per entrambi i dati se si considerano gli aggregati indiretti delle imprese correlate) si appresta inesorabilmente a interrompere un trend finora costantemente in crescita. Sarà un anno nero e un anno zero, al termine del quale la sola speranza è che i sopravvissuti possano ripartire all’insegna della qualità e dell’eccellenza in un settore in cui l’Italia è e continuerà ad essere leader.
Classe 1993, volevo fare il giornalista ma non ho la lingua abbastanza svelta.
Mi arrabatto tra servire pietanze, scrivere e leggere romanzi, consumare bottiglie di vino, crisi esistenziali, riflessioni filosofiche di cui non frega niente a nessuno e criptovalute.
Amo il paradosso, dunque non posso essere più felice di stare al mondo.