Lettere dal Guatemala: l’avventura è finita
Una settimana fa sono arrivata nella mia bella Italia.
Dopo un infinito viaggio aereo di 18 ore sono atterrata, ho appoggiato i piedi a terra e ho realizzato che il sogno era terminato, giunto ormai al capolinea: ero tornata nella mia realtà italiana.
Credo che gli aerei contengano le tantissime emozioni e i numerosissimi pensieri di tutte le persone che restano lì, ore ed ore ferme a fissare il sedile del passeggero davanti o a guardare fuori dal finestrino l’immensità del cielo azzurro pensando al luogo che hanno lasciato o quello in cui stanno tornando, la forte emozione di chi viaggia è tutta concentrata lì.
Io ho sfruttato questi momenti di solitudine per ripensare agli ultimi quattro mesi che ho vissuto.
Una specie di panoramica oggettiva e soggettiva su tutto quello che ho imparato, sulle persone che ho conosciuto, sugli scambi culturali che ci sono stati e che ho reso possibili.
Arrivata a casa tutto questo è andato via via scemando, come se qualcuno con una scopa avesse iniziato a spazzare via piano piano questi pensieri.
Credo sia dovuto al fatto che in questa settimana ho incontrato e parlato con tante persone diverse che mi hanno chiesto di raccontargli la mia esperienza: i paesaggi, i bambini, i colori, e parlandone era come se tutto questo fosse già un ricordo distante, un ricordo triste che si vuole solo dimenticare.
Forse è normale quando si fanno delle esperienze così forti, bisognerebbe che tutti sapessero già cosa ti è successo, cosa è cambiato, senza dover sforzarsi di raccontarlo e senza dover soffrire nel ricordarlo.
Io non volevo tornare a casa e forse la mia testa e il mio cuore sono ancora là in quella Terra dei colori, lontana, diversa, costantemente in contrasto tra bene e male.
Tutti i ritorni sono dolorosi, ma sono felice di essere qui e poter raccontare la mia esperienza di volontariato ai giovani, perché c’è bisogno anche di loro, soprattutto in quei posti dove la povertà regna su tutto e dove le ingiustizie non vengono abbattute.
Io voglio fare sentire la mia voce anche in nome di tutti quei bambini che soffrono e che vengono maltrattati e non protetti, di tutte quelle famiglie che ho lasciato e che mi hanno voluto bene, di tutto quel Guatemala che ha ancora molta strada da fare, il mio è un grido d’ aiuto per rendere il nostro mondo un posto migliore con la partecipazione di tutti e con la sincera volontà di cambiarlo.
Ilaria Bedin
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