Le mutazioni genetiche che promuovono l’insorgenza del cancro
Le ricerche sulle mutazioni genetiche stanno correndo sempre più negli anni ed ora hanno apportato molte informazioni che potrebbero rivoluzionare la medicina del futuro.
Una delle mutazioni genetiche più studiate e allo stesso tempo più ignorate dall’opinione pubblica è la mutazione dei geni BRCA.
Secondo uno studio recente stilata dall’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, i geni BRCA sono presenti in modo sostanziale nei pazienti italiani con tumore al pancreas. Secondo le statistiche ben una persona su 10 che possiede un’età al di sotto dei 74 anni nel nostro paese risulta portatrice del gene.
Secondo questo studio pubblicato sulla rivista della European society for medical oncology Esmo Open, questa mutazione può essere presente in questo 9% in entrambe le sue due varianti BRCA1 e BRCA2.
Ma che cos’è il gene BRCA e che cosa comporta?
Questa condizione clinica è stata scoperta soprattutto in relazione alle donne e soprattutto nell’ambito del cancro al seno e alle ovaie.
Il gene BRCA è entrato in auge grazie all’attrice Angelina Jolie, che scoperto di averlo tramite un test, si è sottoposta successivamente a una mastectomia e una ovariectomia preventive, compiendo un gesto plateale che continua a far discutere negli anni.
Come è risaputo, i tumori sono causati da cellule fuori controllo che, a causa di alcune mutazioni genetiche attuano una riproduzione incontrollata. Il DNA è il responsabile primario dato che è grazie ai suoi geni che si forma l’RNA che produce le proteine. Queste proteine sono poi responsabili del corretto funzionamento degli anticorpi, dell’insulina e di tante altre operazioni. Dunque è quando questo processo diventa incontrollato e quando gli eventuali errori non riescono più a venire corretti da alcune proteine specifiche che il tumore si verifica.
In alcuni casi, come nel caso della Jolie, queste mutazioni risultano ereditarie e vengono dunque trasmesse dai genitori ai figli, che si ritrovano nel loro DNA due proteine mutate e danneggiate: la BRCA1 e la BRCA2.
Dunque, possedere uno di questi «due errori» significa possedere la possibilità che queste si trasformino in cellule tumorali.
Sinora questo fenomeno si pensava si verificasse soprattutto nel caso di tumori al seno e all’ovaio, ma ad oggi si pensa che queste mutazioni aumentino la probabilità di contrarre il cancro al colon, alla prostata e al pancreas.
Lo studio che lo attesta ha preso in considerazione ben 939 pazienti che risultavano affetti da adenocarcinoma del pancreas, e secondo le statistiche ben il 52% di questi era uomo.
Secondo il coordinatore dello studio Michele Reni: «si tratta di un valore molto più alto di quello atteso, al netto della variabilità che si riscontra nelle diverse fasce d’età».
Infatti, sempre secondo il ricercatore, «le mutazioni BRCA predispongono allo sviluppo dei tumori in età più giovanile, mentre l’adenocarcinoma del pancreas insorge con maggior frequenza in età più avanzata. Ecco perché le mutazioni sono presenti nel 17 per cento dei pazienti con meno di 40 anni, ma appena nel 6.2 per cento dei pazienti ultrasettantenni».
Inoltre secondo Reni «una prevalenza del nove per cento significa che l’Italia è un Paese ad alta incidenza per le mutazioni ai geni BRCA, alla stregua di alcune aree degli Stati Uniti», e dunque «questo impone dei cambiamenti nelle linee guida dei test genetici».
L’incidenza del problema è talmente rilevante che secondo lo scienziato «non possiamo più limitarci ad eseguire il test nel caso di tumori metastatici, ma farlo sempre se si è di fronte a un paziente con meno di 74 anni», perché «solo così potremo identificare tutti i portatori, garantire loro le migliori chance di trattamento e fare prevenzione nei famigliari a rischio».
Ecco dunque che questo problema, sconosciuto ai più, dovrebbe essere inserito al più presto tra le norme di prevenzione contro il cancro, dato che anche in questo caso la sua conoscenza e divulgazione potrebbe salvare molte vite.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.