L’elogio all’indipendenza della BCE: il contrasto con la Costituzione sotto i nostri occhi
Draghi se ne va. Termina in questi giorni il suo mandato di Presidente della Banca Centrale Europea. La scadenza naturale di otto anni, non rinnovabile, lascia spazio all’ex numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde. Nominata mesi fa, prenderà il timone della BCE ufficialmente dal primo di novembre.
Nella giornata di ieri si è tenuta la consueta cerimonia del passaggio di consegne tra il Presidente uscente e colei che ha raccolto il suo incarico. In questo contesto, lodi magnifiche sono state tessute per Draghi da parte dei più illustri nomi della politica europea, i quali hanno elogiato il nostro connazionale per come ha condotto l’istituzione monetaria dell’Unione Europea in un frangente particolarmente complicato per la moneta unica, che avrebbe potuto comprometterla irreparabilmente.
Tra le varie sviolinate, è interessante soffermarsi su quella confezionata dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel: «Siete stati in grado di farlo in fretta perché siete una istituzione indipendente» e ancora: «Dobbiamo essere in grado di difendere questa indipendenza». Indipendente, indipendenza: questo è il fulcro su cui è bene concentrarsi. Lo stesso Draghi si rivela sulla stessa lunghezza d’onda, ma non potrebbe essere che così: «Il mio obiettivo è sempre stato quello di rispettare il mandato sancito dal Trattato, perseguito in totale indipendenza e portato avanti attraverso un’istituzione che è diventata una moderna banca centrale in grado di gestire qualsiasi sfida». Anch’egli, si nota, pone l’evidenza sul principio d’indipendenza e fa dell’averlo pienamente perseguito un motivo di fierezza.
Agli occhi e alle orecchie del cittadino medio, il succitato vocabolo non può che mostrarsi degno di piena accettazione; di conseguenza chi si prefigge di accostarsi a esso rendendolo il proprio spirito guida viene adottato come modello meritevole di plauso e ammirazione. Questo perché indipendenza sta a significare non essere assoggettato a nessuno, non essere destinatario di prevaricazioni, di imposizioni, di deliberazioni altrui. Tuttavia, non è bene avanzare osservazioni così generali e categoriche, le quali non lasciano spazio a distinzioni che, invece, sono doverose e imprescindibili per non cadere in errore. Infatti, è giusto analizzare la sostanza dei fenomeni, poiché è chi o che cosa esercita l’influenza che determina la bontà o la malignità di un rapporto di dipendenza. Nel caso della banca centrale, non si deve pensare al controllo da parte di lobby o organizzazioni criminali, che certamente è da ripudiare, bensì a quello esercitato dallo Stato, da un organo democraticamente eletto che ne legittimi l’azione e la ponga in costante relazione con l’unica finalità che una banca centrale dovrebbe rincorrere: l’interesse nazionale.
Questa visione è pienamente in linea con ciò che esprime l’articolo 47 della Costituzione della Repubblica italiana e di conseguenza in collisione evidente con il diritto UE: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». La nostra legge suprema non contempla un organismo che agisce a briglia sciolta, che decide arbitrariamente quando e se emettere moneta e titoli, che perpetua politiche scollegate dall’attività parlamentare e dai bisogni del Paese. Al contrario, nel nostro ordinamento il potere legislativo ed esecutivo indirizzavano l’andamento di Banca d’Italia, regolando i flussi monetari basandosi sulle necessità economiche e sociali, mirando alla piena occupazione, non di certo alla stabilità dei prezzi e al mantenimento di un basso livello d’inflazione, capisaldi della BCE che mortificano i diritti dei lavoratori e il welfare state.
Eppure, il Capo dello Stato Mattarella, nonostante il suo ruolo di garante costituzionale, ieri ha calpestato, per l’ennesima volta, i nostri principi fondanti, ringraziando con le seguenti parole chi si è posto in contrasto con loro: «Non credo sia stato facile per il Presidente Draghi, nel pieno della crisi, affermare: ‘whatever it takes’. Tutto ciò che è necessario, finché è necessario, per il bene dell’Europa e delle generazioni future. È quel che dobbiamo tutti assolutamente fare. Professor Draghi, come cittadino europeo desidero dirle grazie».
Classe 1995, laureata in giurisprudenza.
Il diritto e la politica sono il mio pane quotidiano, la mia croce e delizia.
Vi rassicuro: le frasi fatte solo nelle informazioni biografiche.