L’«energia blu» dell’acqua per combattere l’inquinamento
Da qualche mese è cominciata la discussa battaglia contro la plastica, e dunque un percorso di sensibilizzazione verso il cambiamento climatico.
Questo è uno dei più grandi problemi di questo millennio, e anche se ancora oggi sono presenti molti scettici, sembra essere lapalissiano che questo problema è presente da anni ed arrivato il momento di correre ai ripari.
Infatti, come si evince dagli ultimi dati pubblicati dai ricercatori dell’Università dell’East Anglia, solo quest’anno le emissioni sono aumentate dello 0.6% e solo la quantità di anidride carbonica presente nell’aria ha raggiunto un ammontare di 37 miliardi di tonnellate.
Tuttavia, assieme a questi dati emerge anche una buona notizia, ossia il fatto che la crescita dell’inquinamento in questi anni sta crescendo molto più lentamente rispetto al passato.
Infatti, se si compara il totale delle emissioni raggiunto nel 2019 con il quantitativo raggiunto nel 2017 e nel 2018, che risulta essere pari all’1.5% e al 2.1% rispettivamente, allora si può constatare come almeno vi è una riduzione delle emissioni significativa.
A cosa è dovuta allora questa buona notizia? Secondo i ricercatori la vera «colpa» è da imputare alla riduzione del consumo del carbone da parte sia degli Stati Uniti che da parte dell’Unione Europea che è riuscita a far diminuire l’utilizzo di combustibile fossile del -10%.
Tuttavia anche se vi sono buone notizie tutto ciò non basta, dato che per salvare il pianeta le riduzioni devono essere più ingenti, e secondo il ricercatore Pierre Friedlingstein «le emissioni di CO2 devono ridursi a zero a livello globale per fermare un ulteriore riscaldamento del pianeta».
La soluzione potrebbe risiedere in una nuova tipologia di energia pulita: la blue energy.
Ma che cos’è l’«energia blu»? E come può essere ottenuta?
La blue energy è stata messa in atto da alcuni ricercatori della Rutgers University, che sono riusciti a ricavare energia dall’acqua, sfruttando la differenza di carica generata dall’incontro tra acqua salata e dolce.
Secondo il sistema progettato dagli scienziati, questa nuova versione dell’energia rinnovabile potrebbe generare una potenza di 2.6 terawatt, ovvero un’energia pari a 2000 impianti nucleari.
Il meccanismo può sembrare semplice e ha come ingrediente principale il sale. Infatti, gli ioni presenti all’interno di quest’ultimo, ovvero le cariche con le quali si dissocia ogni molecola di sale quando viene disciolta in acqua, separandosi creano delle vere e proprie «cariche vaganti».
Ovviamente, acqua salata e dolce hanno quantitativi di cloruro di sodio differenti, ed è proprio questa differenza che può essere utilizzata, secondo i ricercatori, per creare energia.
Il team di scienziati è riuscito a creare una membrana, mai creata prima, che dovrebbe essere in grado di suddividere le cariche presenti nell’acqua in positive e negative, utilizzando questa divisione per generare corrente attraverso la realizzazione di un circuito.
Sicuramente questa idea è una delle più innovative di quest’anno e, anche se ancora in via di sviluppo e miglioramento, se portata a compimento potrebbe essere una delle migliori soluzioni contro l’utilizzo delle energie fossili e una delle speranze per risolvere il riscaldamento globale.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.