Lettera al Direttore: siete davvero un blog libero?
Gentilissimo Direttore,
non voglio commentare, per non ricadere nel volgare, l’ultima lettera che hai ricevuto: tante “sciocchezze” di fila non le sentivo da quando Berlusconi, da Santoro, definì Dell’Utri un brav’uomo solo perché è un buon cristiano e ha quattro figli. A mio parere una tua risposta ha già offerto troppa visibilità ad un disagiato. Mi pare invece più utile parlare, alla luce del recentissimo “Caso Mineo”, dell’orientamento politico della categoria dei giornalisti. Il motto de La Voce che Stecca è “notizie, opinioni e interviste controcorrente” mentre nel frattempo tu non fai altro che ripetere che si tratta di una testata libera. Forse la mia sarà solo inutile filosofia, ma noto una certa contraddizione fra queste due affermazioni: essere sempre e comunque controcorrente vuol dire seguire un programma che punta solo a contraddire l’opinione pubblica in ogni occasione. E questo non mi sembra l’ideale che deve perseguire una stampa libera: se un giornale scrive che io ho restituito al legittimo proprietario un portafoglio che anzitempo trovai per terra, tu cosa scrivi? Che l’ho rubato?
Sperando in una tua risposta, porgo cordiali saluti
Alfredo
Gentile lettore,
non intendo neppure io dare ulteriore spazio ad una persona che, a mio parere, meritava comunque una risposta come tutti coloro che ci scrivono. Venendo a noi, mi sembra che lei abbia interpretato in modo troppo radicale lo slogan de La Voce che Stecca: noi tutti siamo ovviamente per l’estrema libertà di informazione e mi pare pure eccessivo ipotizzare una situazione come quella del portafoglio. Notizie, opinioni e interviste controcorrente, oltre ad essere una citazione della famosa rubrica di Indro Montanelli, al quale si ispira anche il nome del blog (non siamo una testata giornalistica), presuppone una lettura abbastanza pessimistica dell’informazione che diffondono certi giornali, e non sono mica pochi. Mi spiego meglio: converrà pure lei che, a partire dal Governo Monti in poi, sia sorta una specie di “stampa unica” (mi veniva un altro termine ma non mi vado a cercare una querela) atta unicamente a lodare il discutibile operato del Presidente del Consiglio, fosse Monti stesso, Letta o Renzi. È con questa stampa che noi intendiamo scontrarci, anche duramente; non certo con giornali che inevitabilmente seguono un certo partito dalla loro nascita oppure che (caso raro) sono realmente liberi. Intendiamo evidenziare la profonda contraddizione di fondo di testate, storicamente sinistrorse, che fino al 2011 non hanno fatto altro che distruggere Berlusconi per poi inchinarsi a Monti, Letta, Renzi e, più di tutti, a Napolitano. A titolo di esempio cito qualche passo davvero significativo dell’articolo di Eugenio Scalfari su La Repubblica del 5 luglio 2012 riguardante l’incontro che il fondatore del giornale ebbe con Napolitano (“Nel 2013 io lascio” diceva il sottotitolo), le lascio trarre le dovute conclusioni:
un cinghialotto ci passa davanti e scompare nel folto del bosco […] Napolitano mi viene incontro e mi conduce in una piccola stanza. In un tavolo c’è la televisione, accanto alla finestra che guarda sul prato un tavolinetto con due sedie. Chiedo il permesso di togliermi la giacca, lui m’aiuta a sfilarmela; indossa una maglietta azzurra, io resto in maniche di camicia. […] finalmente raggiungiamo Clio a tavola. Parliamo di comuni amici. Di vacanze. Lui ne farà poche.
Le ricordo solamente che Scalfari ha spinto per l’impeachment di due Presidenti della Repubblica: Leone e Cossiga. Complimenti per il ravvedimento. D’altronde il fondatore de La Repubblica è stato il “mangiapreti” per eccellenza, finché non ha scritto un libro con Papa Francesco. Non desidero soffermarmi ulteriormente su di una personalità così articolata e mutevole, rischio di finire fuori tema. Volevo solamente dare un esempio dell’esatto opposto del nostro modello di informazione. Ci hanno dato dei grillini, dei disfattisti e dei nemici della Repubblica; quando abbiamo criticato duramente Grillo, speriamo che un giorno non ci siano più cose da criticare ed è l’amore per una democrazia vera (che l’Italia probabilmente non ha mai conosciuto) che ci spinge a cercare sempre il pelo nell’uovo. Spesso c’è un’intera pelliccia. Ci possono chiamare utopisti o sognatori, ma almeno siamo coerenti.
Cordiali saluti
Tito G. Borsa
direttore.lavocechestecca@gmail.com
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia