L’harakiri della Polizia
Rivoltante. Desidero utilizzare le stesse parole di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, per commentare quanto accaduto quest’oggi alla riunione del Sap, Sindacato Autonomo di Polizia: sono durati cinque minuti gli applausi a Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani, applausi di una platea fra cui spiccavano (meglio non precisare per quali meriti) Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Alessandro Pansa. Forlani, Pollastri e Pontani, insieme a Monica Segatto unica assente all’incontro, il 25 settembre 2005 uccisero, in circostanze mai del tutto chiarite, il diciottenne Aldrovandi durante un controllo di rito. Il caso destò molto scalpore fra la cittadinanza e fece sorgere molti interrogativi sulla liceità degli interventi delle forze dell’ordine, categoria sempre alquanto “protezionistica”, fra omertà e cameratismo. Non vogliamo ovviamente generalizzare, questo è ovvio. Intendiamo invece porre l’attenzione su una generalizzazione opposta, secondo cui poliziotti, Carabinieri, finanzieri e simili sono sempre avvolti da un’aura di santità. Tale aura sembra poter garantire loro una sorta di immunità extralegislativa. Alcuni esempi recenti si possono trovare nel G8 di Genova nel 2001, nello stupro e nell’uccisione di Giuseppe Uva nel 2008 e, molto più semplicemente, nelle manifestazioni che ci sono state a Roma negli ultimi giorni. Credete davvero che Alessandro Pansa, Capo della Polizia, si sarebbe mosso così rapidamente nella ricerca del poliziotto in borghese che tre settimane fa calpestò una ragazza a Roma se non fosse circolato il video di quel rabbioso gesto? Noi speriamo di sì. È innegabile che i reati compiuti dalle forze dell’ordine, in assenza di prove chiare e indubbie, restino avvolti in un alone di mistero del tipo “non ci sono prove sufficienti per far crollare la presunzione di innocenza” oppure “non ci sono testimonianze; ergo il fatto non è accaduto”. Spesso le testimonianze ci sono eccome, ma tacciono. Senza alcuna coercizione. Quanto accaduto oggi alla riunione del Sap lascia davvero l’amaro in bocca: come si possono applaudire tre assassini che, nonostante la condanna e la pena (causa indulto) già scontata, sono ancora nelle forze dell’ordine, seppur con compiti amministrativi? Non ci si lamenti allora che non c’è più fiducia nella Polizia: l’harakiri è tutto suo.
Tito G. Borsa
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia