Libertà femminile e maternità
Riflettendo sul legame tra libertà femminile e maternità, continuano a risuonarmi dentro le parole della canzone Siempre me quedará di Bebe e non posso fare altro che immaginare lo strazio di una donna incinta che, da un giorno all’altro, sente che la vita che tiene in grembo le sta sfuggendo in un rivolo di sangue lungo le gambe, inafferrabile, inarrestabile, spesso ineluttabile.
«De este cuerpecito mío, que se ha convertio en río»
Bebe – “Siempre me quedará“
Sangue. Il sangue è il marchio di fabbrica di noi donne, la croce con cui veniamo marchiate da quando veniamo concepite. Nasciamo con un invisibile papavero tatuato sul ventre, che a una certa si imporpora e si schiude, ricordandoci che siamo diventate donne, che potremmo diventare madri. E ogni mese che ricomparirà ci ricorderà che non lo siamo diventate, purtroppo o per fortuna, a seconda dei casi. Il nostro è un patto di sangue col destino di donna: possiamo essere potenti dee generatrici di vita, basta solo volerlo. Ma lo vogliamo veramente? Siamo pronte ad affrontare questa grande avventura? Cosa siamo disposte a fare pur di essere madri?
Maternità sfiorata
Oggi è l’8 marzo e ho deciso di dedicare questo articolo a noi donne e alla nostra dignità: perché forse è vero che la maternità è il più grande dei doni concessi alle donne, ma, come tutte le cose, questo dono ha un prezzo, che si articola in varie forme, ma sempre sotto un denominatore comune, la libertà. Libertà di scegliere di essere madri, libertà di provare dolore al pensiero di non poterlo essere mai o di non poterlo essere più.
Nella letteratura italiana, un accorato appello alla libertà femminile in rapporto alla maternità emerge dalle pagine di Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci, celebre scrittrice e giornalista italiana, che si dispiega come sussurro materno di una donna incinta al bambino che porta in grembo.
La voce della narratrice si insinua nelle vene di ogni donna che abbia sentito il desiderio di approcciare la maternità e che si sia addentrata in quella indescrivibile avventura che è la gravidanza, scandagliandone i dubbi, le paure, le gioie. In questo intimo dialogo, la donna istruisce il bambino sulle grandi verità della vita, quali l’amore, la giustizia, la libertà.
Ed è proprio per quell’irrefrenabile desiderio di libertà che la donna lotta con se stessa, con il mondo, con lo stesso bambino che racchiude nel ventre, arrivando perfino ad accusarlo di avergliela succhiata via, come un parassita irriconoscente. Ma la rabbia verso la libertà femminile sacrificata per la maternità perde ogni senso di esistere quando la donna capisce di essere sul punto di abortire. A quel punto darebbe qualsiasi cosa pur di tornare sui suoi passi, ma ormai è troppo tardi e con il bambino si spegne lei stessa.
Da donna a donna, da madre a madre
Credo che Lettera a un bambino mai nato sia un vademecum per ogni donna che si appresta a intraprendere una gravidanza, affinché non si senta sola in questa impresa e non si creda sbagliata a nutrire dubbi e sentimenti contrastanti. Apparentemente è il dialogo di una donna al proprio bambino, ma io l’ho sentito come un dialogo da donna a donna, da mamma a mamma, per tutte le donne, per tutte le mamme.
Ciò deriva dal fatto che, sebbene non abbia mai dichiarato di essere lei la protagonista della vicenda, Oriana Fallaci ha probabilmente preso spunto dalla sua esperienza personale, avendo abortito in gioventù. Tuttavia, ha sapientemente l’espediente per parlare di libertà femminile e maternità in quanto donna e non individuo, universalizzando il messaggio grazie al potere della vita. Non soltanto quella generata, ma anche quella vissuta che germoglia nei libri e sboccia nelle menti dei lettori, che perpetua l’umanità e la ricrea in forme sempre diverse.
Maternità perduta
Lettera a un bambino mai nato trasuda pentimento, rabbia, tristezza, ma non impotenza, perché la protagonista sa di aver sfidato le leggi della natura e di aver in qualche modo causato l’aborto. Di assoluta impotenza è invece la condizione di chi accetta serenamente il sacrificio della libertà femminile in cambio delle gioie della maternità. Di chi partorisce, cresce ed educa un bambino, guidandone i passi fino all’età adulta, e poi lo perde improvvisamente, come un sogno bellissimo che scivola via sul far del mattino.
Dolorosa impotenza è ciò che emerge in Paula, il libro che la scrittrice cilena Isabel Allende compose e dedicò alla figlia morente, malata di porfiria, dalla stanza di uno squallido motel. Questo diario scritto da madre a figlia ha il potere di estromettere e intromettere i lettori nello stesso tempo: è un legame talmente grande e forte quello di cui si parla che ci sentiamo invadenti a farne parte, ci sembra di disturbare questo tenero e intimo dialogo e vorremmo restarne fuori. Ma, al contempo, per l’universalità della magia della vita, le parole diventano cassa di risonanza di un amore senza tempo, che spinge il lettore a voler salvare Paula e qualsiasi altro figlio perduto.
Maternità bramata
L’amore per un figlio è talmente forte da essere non solo senza tempo, ma anche senza condizioni: si farebbe di tutto per un figlio, per poterlo ammirare, abbracciare e coccolare. È da questa bruciante brama che si dipana la trama di Venuto al mondo, della scrittrice e sceneggiatrice italiana Margaret Mazzantini. Il romanzo narra di un desiderio di maternità talmente forte da accettare non soltanto il prezzo in termini di libertà femminile, ma di superare qualsiasi barriera pur di esaudirlo. Mentre balla felice per via della gravidanza, il maledetto sangue gli annuncia che non la porterà a termine, così la protagonista Gemma e il compagno decidono di ricorrere a un utero in affitto, affrontando con determinazione la sterilità e una serie di difficoltà e paure di altro genere.
Tre inni alla vita
Vite sfiorate, vite spezzate, vite desiderate. Vita che è stata Vita in potenza, anche se non in atto, che è finita poco prima di poter cominciare, ma che è pur sempre esistita, perché:
«Se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente, e niente è peggiore del niente: il brutto è dover dire di non esserci stato.»
Oriana Fallaci – Lettera a un bambino mai nato
Vita che è Vita anche se sta per disperdersi come una melodia nel vento, che sta finendo invece di ricominciare:
«Silenzio prima di nascere, silenzio dopo la morte, la vita è puro rumore tra due insondabili silenzi.»
Isabel Allende – Paula
Vita che è Vita quando viene così com’è e non come vorremmo noi, perché:
«La vita è come l’acqua, scompare, affonda e poi riaffiora dove può, dove deve.»
Margaret Mazzantini – Venuto al mondo
La libertà femminile passa dal poter scegliere se diventare madri o meno. Ma nel momento in cui decidiamo che sì, desideriamo la maternità, dobbiamo essere pronte ad accettare di diventarlo così come viene. Non importa come lo siamo diventate o per quanto tempo lo saremo. L’importante è che ce ne sia stata almeno una scintilla, di vita.
Un commento su “Libertà femminile e maternità”