L’ideale di bellezza sta cambiando di nuovo?

Lungo i secoli siamo passati da un concetto all’altro di bellezza, da figure stilizzate a quelle curve, passando dalle forme irreali ai più alti ideali di perfezione canonica.

La bellezza nelle forme umane viene spesso ricercata sopra ogni visione del reale, idealizzandola, accostandola al divino, per poi scendere sino alla pulsione carnale. Il corpo maschile e femminile nei millenni sono stati soggetto di studio, in materia religiosa e antropologica.

La bellezza umana, spesso quella del corpo femminile ha mosso amori, guerre, avventure e scontri intellettuali di ogni tipo. Ha destato e mai messo un fermo alla ricerca artistica e accademica. Eppure, pochi sono stati i dubbi risolti e scoperchiati da tali attenzioni tranne forse uno: la bellezza è un concetto mutevole, soggetto ai cambiamenti di ideale religioso, di luogo, culturale e addirittura politico.

Spesso questa volatilità tende a scapparci di mano, a volte non ci rendiamo conto di quanto una tale idea comune di forma estetica sia suscettibile a fatti concreti o a concetti astratti che ne alterano la questione visiva, il giudizio e la capacità di attrarre attenzione, scalpore o piacere nella vista di un bel corpo, oggetto o grafica.

Ad esempio, una donna magra ed esile sarà difficilmente considerata un ideale di bellezza canonico per un Eskimese o per chi vive in climi duri, poiché considerata poco adattabile ad uno stile di vita che richiede invece un gran dispendio di energie.

Oppure, un maschio che in epoca romana fosse troppo alto veniva considerato secondo i canoni del tempo fuori dall’ideale comune di bellezza. Magari anche a causa della paura e delle dicerie fagocitate dai normanni, che erano uomini più alti rispetto alla media italica oltre che un reale pericolo e cambiamento.

Ma possiamo supportare la tesi di volatilità anche grazie agli studi condotti negli anni e riassunti in video efficaci come quello di BuzzFeed, in cui l’ideale di bellezza femminile viene mostrato attraverso i secoli, cambiando e mutando fin nei più vicini decenni secondo il sentir comune del tempo.

Da qui ci avviciniamo quindi ai nostri giorni sempre più monopolizzati dai social come Instagram, in cui la bellezza diventa un concetto statico, catturato nella sua massima perfezione, che parla solo per stilema visivo, volto spesso a pubblicizzare una costante ferma del canone di perfezione del corpo.

Il problema spesso di vivere nel periodo in cui un concetto di bellezza visiva si impone è sempre quello di dare spazio a tutte le altre forme, che devono per logica scontrarsi con lo stereotipo del tempo, ma che per nostra fortuna oggi, aiutati dagli stessi mezzi che promuovono una sola forma, collegano necessariamente varie identità di luogo, che quindi contribuiscono ad una democrazia di bellezza.

Eppure, si ha la continua sensazione di ricerca della perfezione comune.

Qualche settimana fa qui si era parlato del gioco The Last of us 2, che ha tirato su di sé molte attenzioni a causa non solo del suo peso per il comparto videoludico, ma anche per una presenza visiva e narrativa che hanno soppiantato le mancanze cinematografiche, visto il periodo Covid.

Ebbene, le protagoniste Ellie e Dina, ovvero due ragazze che formano una coppia di fatto all’interno dell’universo di gioco, sono state viste da diversi giocatori, come poco belle. Questo come a sdoganare l’idea che anche nei videogiochi, capaci più del cinema di poter modellare i canoni di bellezza fino all’irreale, si stia cercano il mutevole.

Un atto definito da molti come di coraggio, ovvero che avvicina un mondo irreale alle fattezze reali di forme e persone, che come dimostrato da chi accusa della scarsa bellezza oggettiva i personaggi, definisce anche la loro idea ferma di bellezza mutata dal bombing derivante dai social.

Quindi?

Alla fine di tutto questo rimane il fatto che siamo consapevoli anche grazie ad un esempio concreto come quello appena fatto che stiamo vivendo la nostra età statica di bellezza.

Grazie a comparti come quello videoludico, alle identità di luogo e alle necessità dei singoli di voler emergere al di fuori della costante idea di forma, si può finire per affermare che la bellezza è negli occhi di chi la guarda.