L’impatto delle infrastrutture sull’ambiente circostante

Negli ultimi anni si è cominciato a parlare con una certa frequenza dell‘impatto che le attività dell’uomo hanno sull’ambiente. Se da una parte il riscaldamento globale è determinato dall’innalzamento delle emissioni dei gas serra che causano degli effetti indiretti sull’ambiente circostante, quindi un inquinamento non visibile se non in alcune zone del mondo, l’altra faccia della medaglia è l’inquinamento materiale, a partire dalla plastica monouso, fino al consumo di suolo, i quali hanno degli effetti diretti dal momento che vanno ad influenzare il modo di vivere del mondo animale.

Proviamo a pensare ad un nuovo condominio, le cui unità immobiliari hanno la più alta classe di efficienza energetica possibile, le quali consumano quindi pochissimi Kwh/mq anno. Questo dato ci indica quanta energia consuma ogni unità immobiliare in un anno, di conseguenza l’acquirente, se vicino alle tematiche ambientali, sarebbe interessato ad acquistare una delle unità immobiliari per evitare di emettere gas serra nell’atmosfera e di conseguenza spendere di meno. La domanda che bisognerebbe porsi al momento dell’acquisto di una casa sarebbe: può un nuovo edificio a basso consumo controbilanciare il consumo di suolo dello stesso edificio sull’area interessata? L’Attestato di Prestazione Energetica (APE) è un ottimo strumento per indicare quanto l’edificio consumerebbe, ma indica il valore reale dell’inquinamento dell’edificio stesso sull’ambiente circostante?

Oramai, anche grazie all’innovazione tecnologica, abbiamo dato per scontato che se una infrastruttura è costruita bene il suo livello di inquinamento è basso senza tenere conto gli effetti della sua presenza sul territorio. Prendiamo ora come esempio un’autostrada i cui lampioni e le cui luci delle gallerie sono alimentate dai pannelli fotovoltaici posti ai lati della stessa, che viene inaugurata al grido di «autostrada ad impatto zero». È veramente così? In caso di infrastrutture molto grandi bisogna prendere in considerazione, cosa purtroppo non scontata, il passaggio degli animali. Se nelle strade di campagna gli animali possono attraversare la strada sperando di non essere investiti, nelle grandi vie di transito, che siano tangenziali o autostrade, a causa delle barriere esterne, questo non è possibile. Perciò, possono venirsi a creare delle intere aree grandi ettari dove l’interno non è possibile raggiungerlo se non dal cielo, andando a rischiare di rinchiudere degli animali all’interno delle stesse aree e non lasciarli più uscire. Ci sono dei bellissimi esempi di ponti al di sopra o al di sotto delle autostrade per poter far passare gli animali. In Australia, dove è presente il problema della migrazione dei granchi, hanno creato dei ponti di ferro al di sopra delle strade, mentre in Giappone, a causa della migrazione delle tartarughe, hanno realizzato dei piccoli tunnel al di sotto delle rotaie. In Nuova Zelanda sono stati messi a punto dei tunnel per far passare i pinguini, mentre in Germania, Belgio, Canada, Singapore, Kenya, Paesi Bassi sono stati costruiti dei veri e propri ponti compresi di piante arboree per permettere agli animali di più grande dimensione di poter migrare verso la meta successiva.

Quindi no, non basta il basso fabbisogno energetico per poter dire che una determinata infrastruttura è a impatto zero o comunque sostenibile, ma la valutazione del suo impatto finale deve prendere in considerazione, soprattutto, il come gli animali possono convivere all’interno dello stesso territorio. Se si riesce a creare una interazione che vada ad equilibrare le due entità, infrastruttura e fauna, allora si sarà raggiunto un ulteriore tassello per raggiungere l’impatto zero tanto auspicato dai leader politici.